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Visualizzazione dei post da ottobre, 2018

La strada. Cormac McCarthy

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La cenere è arrivata ovunque, come il buio. Eppure c’è il fuoco che porta calore e vita. E speranza, forse.  Davvero non so da dove iniziare per dire quanto mi sia rimasta addosso la cenere che avvolge tutto il libro di McCarthy, La Strada.  Non mi sono accorta di esserci caduta in mezzo, finché i miei occhi non hanno iniziato a lacrimare per la poca luce, il silenzio, la paura che compongono le pagine del libro e il cammino di un padre e un bambino da soli in un mondo ostile che loro, ostinatamente, continuano a pensare come casa. Non ci sono voci, lungo la strada, nessun luogo in cui ritrovare ricordi che non siano pericolosi.   Gli animali si sono estinti, gli alberi sono gli scheletri di se stessi e i pochi altri esseri umani sono i sopravvissuti di una non raccontata Apocalisse, che li ha ridotti a nemici e carnefici.  Il padre e il bambino sono fuggiaschi alla ricerca di calore; raccolgono rifiuti per nutrirsi, inventano ripari dove non ce ne sono. Non fuggono l’orr

La primavera che c'era

La mia primavera è stata soffocata da silenzi e distrazioni e stanchezza senza rimedio. Ho chiesto ascolto a uno sguardo che mi aveva dato l'illusione dell'accoglienza. Richiesta che ha avuto in risposta un silenzio che dura ormai da settimane.  Se dovesse dirmi: "eccomi, sono qui" non so se mi troverebbe. Ha senso mendicare accoglienza?  Con te, invece, mi sento trasparente. Non mi cerchi da tanti di quei giorni, che sono diventati mesi.  Non ti manca un po' il nostro abbraccio? Non ti manco io? Mi vedi ancora? Mi ascolti quando ti dico "sono qui, guardami"? Le pagine di un libro bellissimo hanno riempito di cenere i miei pensieri. Ho chiuso il libro. E ho pianto come non mi capitava da un po', leggendo. Ho pianto e quella cenere mi si è appiccicata addosso e dentro. Avevo la primavera dentro. Tornerà?

Pensieri sovrapposti

Si possono pensare pensieri sovrapposti, senza un apparente filo logico a unirli. Lo trovo di una libertà assoluta, sempre: anche quando i pensieri non sono tra i migliori. E mi chiedo quale Grazia abbia illuminato alcune menti e le loro penne, per riuscire a trasferire questa sovrapposizione su carta e poterla così regalare a noi. A me. Rileggo la Signora Dalloway e ritrovo lo stesso stupore della prima volta. Apro a caso Clarice Lispector: trovo le sue lettura della Woolf e di Joyce e ogni volta sento la mia voce tra le sue parole. Mi chiedo allora quale Grazia abbia illuminato la mia mano quando ho scelto proprio "quel" libro dallo scaffale della libreria. E ogni volta ringrazio. I miei pensieri sovrapposti di questo venerdì che aspetta un pigrissimo weekend sono meno eleganti e certamente la mia mano non sa sovrapporli nella scrittura. Mi chiedo, per esempio, quanti anni debba avere una donna per non essere più oggetto di complimenti indesiderati da tristi uo

Se non ci fosse la poesia. E Bertolt Brecht.

Molti pensano che noi ci diamo da fare nelle faccende più peregrine, ci affatichiamo in strane imprese per saggiare le nostre forse o per darne la prova. Ma in realtà è più nel vero chi ci pensa intenti semplicemente all'inevitabile: scegliere la strada più diritta possibile, vincere gli ostacoli del giorno, evitare i pensieri che hanno avuto esiti cattivi, e scoprire quelli propizi, in breve; aprire la strada alla goccia del fiume che si apre la strada in mezzo alla pietraia. Bertolt Brecht - Molti pensano - Poesie 1941- 1947

Le mamme lo sanno

Quello che sto imparando, in questi anni di maternità adolescente, è che le madri sanno. Anche quando vorrebbero non sapere, lo sanno. E sanno non perché conoscano i propri figli, ma perché li sentono. Ecco. Mi spaventa questo sapere e forse più del sentire: il sentire consente di chiudere gli occhi, il sapere no. Mi spaventa perché mi trova impreparata fino a restare immobile, o agire in modo talvolta sconsiderato quasi fossi adolescente anch'io. E forse è così. In fondo la ricerca, il cammino, l'incertezza, l'entusiasmo e la paura sono le pietre d'inciampo di tutto il nostro percorso; perché in fondo non si smette mai di crescere. E poi mi spaventa perché mi domando: se le mamme sanno, cosa sanno i loro figli delle mamme?

La primavera dentro

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Amo l’autunno come nessun’altra stagione, eppure sento la primavera dentro. Nonostante tutta la fatica che zavorra le mie giornate e i miei pensieri da tanto di quel tempo che ormai è diventata ossa, sangue, carne; nonostante la salita su cui continuo ad arrancare annaspando; nonostante la consapevolezza dei troppi fronti aperti. Mi sento la primavera dentro.  Mi ritrovo a sorridere, a parlare a voce bassissima (ma un giorno, lo so, mi tradirò), ad addormentarmi in pochi minuti senza nemmeno il tempo di arrivare all'altrove che di solito mi accompagna nel sonno.  Mi trovo ad accogliere paturnie, ansie, problemi, confidenze faticose e il mio cuore ne esce gonfio ma vivo più che mai.  Ascolto ipocondrie e resistenze illogiche ai cambiamenti e il mio pensiero si fa impermeabile al nero che vorrebbe colorarlo. Continuo a muovermi per tentativi, con le mie ricette dagli ingredienti “a occhio”, ma è come se fossi circonfusa da un’aurea di lieve ottimismo a oltranza: non s

Sul mio comodino.

I libri sul mio comodino, che aspettano di essere di essere scelti e letti, sono il puntello a una felicità promessa cui non so rinunciare. Alcuni aspettano a lungo, altri solo il tempo di qualche altra pagina. Alcuni hanno trovato lì la loro collocazione permanente e servono a regalarmi la certezza della loro presenza. I libri che ho sul comodino sono indispensabili al mio equilibrio; al sonno e alla veglia che al sonno non vuole cedere; ai sogni e all'altrove. I libri sul mio comodino mi aspettano come io aspetto loro. E’ un incontro immaginato e poi consumato e, come nelle relazioni con le persone, possono portare ad amicizie per sempre o a un fugace sfiorarsi di giorni per poi finire dimenticate o, ancora, possono diventare scontri e rifiuto reciproco. Non sono io, in questa relazione, a decidere l’accaduto. I libri non sono oggetti inermi: sono fatti di parole e pertanto racchiudono una forza importante anche quando usano il linguaggio più dolce. Ecco. Non potrei im

Piccoli esercizi di felicità quotidiana.14

Il viale che s'incendia, sorprendendomi ogni anno. Il sonno che mi prende tra le braccia della mia poltrona preferita. Un nuovo libro da iniziare nei giorni di un riposo composto da tante piccole cose al rallentatore. Il profumo della cannella. Un'assenza che diventa respiro che diventa desiderio di ritrovarsi. Piccoli gesti, brevi passi.

Rosso

E' rossa la vita che scorre e mi rende parte di un ingranaggio più grande di me e che mi ha sempre regalato stupore e meraviglia. E' rosso il colore del mio smarrirmi in segnali che non riconosco e mi fanno perdere la strada o, meglio, temere di perderla. Rosso è il tentativo di comprendere sorridendo. Rosso il colore della scatolina che proverà a lenire le occhiaie che sembrano trovarsi tanto bene sul mio viso. Rosso il colore del cioccolato che proverà a sollevare la stanchezza e renderla più leggera. Si apre una nuova stagione. E non è solo l'autunno.

Se non ci fosse la poesia

Autunno Porto negli occhi Il calore delle tue lacrime... Le ultime. Ormai non piangerai più. Sui sentieri Giunge l' Autunno E porta via tutte le foglie. Oh, che stanchezza! Una pioggia di ali Copre la terra. (Vicente Huidobro)

Piccoli esercizi di felicità quotidiana. 13

Ricordati della gioia semplice di due focaccine mangiate da sola, nella breve passeggiata fino a casa. Sotterfugi per scherzo, che devono essere tali per regalare soddisfazione. Ricordati dei tempi vuoti, rubati tra un impegno e l'altro, che dovresti riempire di utilità e invece riempi di sole sul viso, a occhi chiusi, su una panchina qualsiasi e la sensazione di vacanza ad accarezzare il cuore. Ricordati di te.

Esercizi di IN/Felicità quotidiana. 12

Spesso mi ascolto mentre dico "questo è un periodo faticoso" e mi rendo conto di dirlo ormai da tanti anni che chiamare periodo un così lungo tempo forse non è corretto. Eppure dire "periodo" significa non cedere alla stanchezza e, anche, che il mio ottimismo ad oltranza è ancora qui con me, gioca a nascondino spesso e volentieri, ma c'è. E' un periodo di tante fatiche differenti, eppure mi sento bene. Ho energie buone che sostengono i miei gesti e i miei pensieri senza respiro. Vedo la salita che sto affrontando senza ancora vedere la vetta. Però, appunto, non la vedo ancora; ma la vedrò e arriverò anche a piantarla, la mia bandierina. E' un periodo che non avrei mai immaginato di dover attraversare e non è granché di conforto pensare allo stupore per non soccombere in mezzo a tanta fatica. Ecco. Ecco perché qualche giorno fa, in una ricorrenza personale, non sono stata più di tanto ferita dalla tua consueta non dimenticanza. Quello che voglio

Accabadora

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Accabadora è un libro nero e non poteva che incrociare il mio cammino in una notte insonne di fine agosto. “Fillus de anima. E’ così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un’altra. Di quel secondo parto era figlia Maria Listru, frutto tardivo di Bonaria Urrai.” Maria e Tzia Bonaria, vivono in un piccolo paese sardo, dove tutti sanno e nessuno dice.   Bonaria è sarta, benestante, vedova senza mai essere stata sposata, non ha figli. Maria è l’ultima di quattro sorelle orfane di padre e Bonaria decide di prenderla con sé dopo averla vista rubare poche ciliegie. Iniziano la loro convivenza come madre e figlia consapevoli entrambe dei desideri dell’altra: per Maria, quello di iniziare a non pensarsi più solo come “l’ultima”, per Bonaria realizzare una maternità negata dalla vita. Bonaria sceglie Maria e la rende figlia senza diventarne mai davvero madre, perché madre, lei, lo è in modo differente: invece di dare alla

Ecco, sono a casa

"Mi sento a casa", ho pensato alcuni giorni fa. Ero in un abbraccio comodo come il più morbido dei vecchi maglioni. Ero nel posto giusto: potevo chiudere gli occhi e dormire. I miei gesti erano inevitabili e sapevo di poter regalare immediatezza tra il pensare e il pronunciare le parole. Allora casa, più che un luogo di mattoni e porte e mobili, è riconoscere un profumo che ci è mancato tanto, un tocco che pensavamo di non sentire più; è il cuore che trova il ritmo che più gli si addice e pensa: "ecco, sono a casa".