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Visualizzazione dei post da ottobre, 2019

Cambiamenti

Il mio corpo parla.  A volte ho l'impressione che si stia sgretolando lentissimamente e cerchi di farmelo sapere con piccoli segnali che rallentano i movimenti o li rendono più faticosi. Quello che però mi spaventa è un senso di vuoto che mi si allarga nello stomaco fino ad arrivare al cuore, ai pensieri; che mi fa sentire sull'orlo di un buco nero che sembra volermi inghiottire e sul quale temo soprattutto di perdere il controllo. E' una paura del tutto nuova e mi ripeto che fino a che la vedo, fin tanto che intorno a quel buco nero ci sarà la balaustra della mia fragile lucidità, riuscirò a non caderci dentro.  Cerco di alzare le difese raccontandolo, in qualche modo, magari sorridendo di questa nuova fase che mi fa entrare decisamente nell'età della quasi vecchiaia. Ma il racconto è timoroso. Come si fa a dire a chi si ama che ho paura che un giorno mi lascerò cadere, perché l'angoscia è troppa e mi divora? Chiedo di essere abbracciata, scherzo con amich

Ti ascolto mentre mi ascolti

Chiediamo di essere ascoltati. Più raramente ascoltiamo. Non c'è tempo, siamo stanchi, di corsa, distratti. E quando siamo noi, a desiderare ascolto, ci accorgiamo di quanto sia raro trovare accoglienza. Ho chiesto ascolto e ho trovato disponibilità distratta che si è tradotta in nulla. La ferita è stato vedere come la distrazione trovasse tempo per tanto altro. Ho chiesto ascolto e ho trovato disponibilità sincera. E mi sono spaventata. Perché non è facile coinvolgere gli affetti nelle proprie fatiche. C'è pudore, un po' di vergogna, anche. Perché ci si pensa allo specchio e il coinvolgimento che possiamo immaginare a parti inverse sappiamo essere altra fatica. L'ascolto è arte raffinata. Ci chiede di spogliarci dei nostri abiti e contemporaneamente avere una coperta per accogliere. Sospende il giudizio e spesso anche le opinioni. E' gratuito ed è completamente altro da noi. I miei figli sono abilissimi nel chiederlo quando sono esausta. E forse sanno che è i

20'anni

Si usa dire "ti amo come il primo giorno", ma per me non è così. 20'anni fa amavo il disegno che di te avevo tracciato negli anni, che mi sembravano tanti, precedenti a quel giorno. 20'anni fa non sapevo di amare il tuo parlare da solo mentre aggiusti il rubinetto o guardi il salto in alto; le briciole che circondano il tuo piatto e sconfinano sul pavimento, la tua infinita pazienza del padre che ancora non eri, la tua abilità nell'impastare il pane. Servirebbero 20'anni e forse non basterebbero, per tutto ciò che non sapevo di amare. Quindi oggi non ti amo come quel primo giorno. Oggi ti amo con i 20'anni che abbiamo camminato insieme: salite, discese (poche pianure), la determinazione quasi miracolosa nel voler continuare a trovarci. Ti amo di tutti i "sì, lo voglio" che abbiamo pronunciato ogni giorno per tutti questi anni. Cammina ancora con me, tienimi la mano. "Sì, ti voglio".