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Visualizzazione dei post da aprile, 2021

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“Tu arrivi come una domanda a cui non chiedi di saper rispondere” Oppure sì? Ti guardo e vedo i miei occhi; ma i tuoi sono più verdi, più grigi, più blu. Più. Ti guardo e vedo i tuoi capelli che sembri voler trattenere dal prendere il volo; prima o poi capirai che invece i capelli confusi danno respiro ai pensieri ancor più confusi che appartengono a quelli come noi. Ti guardo e vedo le tue spalle larghe, le tue mani fragili, le tue labbra grandi che mi ricordano tanto quelle della mia nonna. Ti guardo e mi sento guardata dal tuo intuire senza forse comprendere. Ti guardo e vedo il tuo sguardo sul mondo; che per te è casa, specchio empatico nonostante la dichiarata estraneità. Lo vedo che ti accorgi di ogni cosa; lo so che sei attento, accogliente e protettivo. Anche quando ti mostri distante e ruvido e ogni tanto ostile. Sono orgogliosa delle tue passioni e della tua curiosità bambina che hai saputo nutrire e far crescere e diventare impegno, impegni. E sono felice che i

"Scusatemi se faccio polvere"

Incuriosita da un articolo di giornale ho letto “Tanto vale vivere”, Dorothy Parker - La Tartaruga edizioni. I racconti della Parker sono al fulmicotone: fanno sorride, ridere e inorridire. Hanno un’ironia impetuosa, una frivolezza annoiata; deridono senza pietà le debolezze di cui va fiera la società americana del tempo. Mentre leggo sorrido molto e molto mi infastidisco. Penso a come verrebbero lette le donne raccontate dalla Parker dalle ventenni, e non solo, di oggi. Sarebbe ad altissimo rischio di fraintendimento e le verrebbe probabilmente negata la possibilità del sarcasmo con cui descrive se stessa e le altre donne. Complice forse una traduzione non più attuale, molti dialoghi risultano superati, così come poco efficaci i versi, ma proprio questo mi ha regalato un viaggio nel tempo, l’illusione di sedere in un club newyorchese negli anni del proibizionismo, o di entrare in un appartamento che ospita relazioni ufficialmente clandestine. C’è una società fiera della propria p

Scoglio

Forse non è vero che ci si salva da soli. Forse non è possibile bastare esclusivamente a se stessi.  Forse semplicemente non non ci si basta e non ci si salva. Macabea apre gli occhi al mattino e pensa che ancora una volta non è riuscita a farsi sentire. Ma da chi? Allora, in balia di correnti che non è in grado di controllare, allunga la mano, afferra il solo scoglio che può raggiungere e ci si aggrappa. Lo scoglio di Macabea ha una precisa altezza in centimetri e molte asperità. Non è rifugio comodo, non concede riposo, ma le sta impedendo di andare a fondo; le consente un respiro tra un'onda e l'altra. Macabea non sa se essere grata, al suo scoglio che suo non è: è semplicemente lì, a distanza di gesto che sorregge: a distanza esatta per la sua mano escoriata.

"Le ripetizioni"

Mi sono chiesta più volte, durante la lettura de "Le ripetizioni", perché non riuscissi a chiudere il libro e restituirlo alla biblioteca.  E' stata una lettura fastidiosa, disturbante, a tratti disgustosa, ma c'è qualcosa, nel libro, che ne impedisce la chiusura definitiva. Forse è il continuo gioco di specchi con la propria memoria; forse sono i continui riflessi introspettivi e "estrospettivi"; forse è per il racconto di quanto possiamo essere ambigui, multipli, sfaccettati e sconosciuti a noi stessi pur restando completamente, inevitabilmente sinceri. Forse è stata la crudezza di leggere che tutti sono così: è come se nessuno si potesse salvare, come se tra le pagine ci si muovesse in una condanna collettiva alla menzogna; come se non ci fosse alternativa al cedere alla parte più orribilmente bieca di noi e, nel contempo, si intravvedesse anche una assoluzione collettiva: la memoria che decidiamo di conservare, di svelare o di tacere e dimenticare, potre

Buona Pasqua

Padre nostro, Padre che chissà se sei ancora Padre mio, che stai nei cieli perché è più comodo che abitare la Terra, dove la gravità ci schiaccia e pesa sui nostri passi.  Sia santificato il nome di tutti coloro che ostinatamente continuano ad allargare le braccia e rivolgersi a te chiamandoti Padre.  Sia fatta la tua volontà, così capiremo finalmente se davvero sei onnipotente o se ci hai fatto dono del libero arbitrio per non ammettere la tua impotenza. E forse scopriremo che nemmeno la volevi, l'onnipotenza con cui ti invochiamo. Dacci oggi, e sempre, e a tutti, il pane quotidiano. Che sia pane di libertà, condivisione, uguaglianza nel rispetto delle nostre diversità. Liberaci dai nostri debiti, dai sensi di colpa oppressivi e inutili. Rendici capaci di fare altrettanto con gli altri e facci sentire come sai chiedere scusa Tu, perché anche noi si possa imparare. E se la tentazione ci piace, se ci sembra più allettante di te, accoglici per come siamo. E se non puoi evitarci il ma