Negli ultimi due mesi hanno cercato di ucciderci. Dovrei dire "ha". Ha provato con ogni mezzo che immaginava possibile a impedirci di lavorare, chiedendo a un giudice di farci chiudere "inaudita altera parte". Abbiamo dovuto presentare una memoria difensiva, cercare l'aiuto di chi poteva conoscere i fatti, presentarci in un tribunale. E attendere. Senza respirare e con il cuore che non sapeva quale ritmo tenere nel suo battere. E nell'attesa continuare a lavorare, a rispettare impegni e scadenze, festeggiare il compleanno di F., vivere, in qualche modo. Abbiamo atteso come sospesi in un limbo doloroso e asfittico. Poi dalle nostre finestre è entrata l'aria della primavera. Basta una telefonata, a volte, e una sentenza favorevole oltre ogni aspettativa e che ancora è appesa dietro di me, perché ancora fatico a realizzare che ho ripreso a respirare, che ho potuto smettere di prendere le odiate pastiglie che mi hanno consentito di non crollare sotto