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Visualizzazione dei post da aprile, 2020

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Ti imparo da sempre e non imparerò mai abbastanza. Ci siamo guardati una prima volta e uno sguardo è bastato a comprenderci. Continuiamo a guardarci e a volte sembriamo tornare a quel primo sguardo, altre ci sopportiamo appena, altre volte ancora è un sottintendere complice e divertito. Ti imparo da sempre e non imparerò mai abbastanza. Inconsapevolmente consapevole delle tue doti e del regalo che sei per noi. Per me sei il bimbo buffo che mi fa sempre tanto ridere e riempie il cuore di gioiosa tenerezza. Sei i tuoi occhi azzurri e grigi e verdi che cambiano con te e con il tuo umore. Sei i tuoi capelli biondi, lunghi e ribelli. Sei le tue labbra che non ti piacciono e che invece a me ricordano quelle della mia nonna; e la tua generosità. Sei quello che non tace,che prende parte e posizione. Che mette a dura prova tutti noi con i tuoi gorgheggi sotto la doccia. Sei l'uomo che stai diventando e che mi pone sfide grandissime perché tu sei grande e non ti accontenti. E perch
Riordino migliaia di foto. I ragazzi quando erano bimbi piccolissimi, piccoli e via via più grandi; buffi e meravigliosi sempre. I ragazzi che sono ora, distanti di un sottile mistero di riservatezza e autonomia; bellissimi e meravigliosi sempre. Noi con occhi meno stanchi e la pelle più liscia, i capelli senza i fili bianchi di oggi. Le persone care che non ci sono più e quelle che ci sono ancora. Riordino i ricordi. Anzi no. Li lascio scomposti e sovrapposti mentre li condivido con voi che sapete dare il suono di una risata nuova a tutto. Riordino il tempo che ho attraversato a volte senza quasi accorgermene e altre come se non fosse ancora passato. Riordino i giorni presenti perché arrivino preparati a quelli di domani. Per il futuro non so. Chi riordina il mio cuore? Il mio desiderio di essere ancora corpo e abbraccio? Chi riordina il mio pensare? Il mio bisogno di essere rassicurata e risolta? Chi riordina il mio vuoto? La perdita di tutte le sicurezze che mi erano st

Cosa rimane

Una pasqua vissuta nel silenzio. Le strade vuote. Piazza San Pietro vuota. Francesco in silenzio. Dio che non c'è. Silenzio anche di parole che non si trovano, di pensieri che non si sanno esprimere o, forse, semplicemente non se ne ha voglia. Hanno suonato le campane, domenica: tutte le chiese della città insieme. Un silenzio assordante. Eppure. Macabea pensa che alcuni momenti di baratro profondo in cui precipita senza mai arrivare a cadere veramente, siano dovuti a disordini ormonali che la spaventano molto perché fuori da ogni suo possibile controllo. Se ne rende conto dopo, quando si placano un po'. Resta la lucidità di quei momenti, perché Macabea pensa che siano quelli i momenti più sinceri. Come quando, da arrabbiati, si lasciano andare i pensieri, e le parole, a briglie sciolte: si pronunciano parole inappropriate e con toni sbagliati, ma le parole - e i pensieri che svelano - sono autentiche. Resta, allora, la consapevolezza di una solitudine incolmabile; dell&#

Non volevo essere Jo March

Tutte le bambine vogliono essere Jo March e lo volevo anch'io, ma non potevo dirlo; non me lo permettevo: era un sogno troppo grande anche per la mia fantasia. Ci pensavo in questi giorni di grande solitudine familiare. Pensavo a tutto quello a cui, da sempre, non ho dato nome, voce, impedendogli quindi di esistere e realizzarsi.  Impedendomi di esistere e realizzarmi. Poi sono diventata Macabea. Macabea ha scritto le parole di cui avevo bisogno e le ha messe in una bottiglia che ha lasciato andare in un piccolo mare. La bottiglia è stata raccolta, aperta. E' stato letto il messaggio e sono state pronunciate altre parole. Non si guarisce, ma un cerotto può rendere più sopportabile il dolore. Non si guarisce, ma anche il freddo di una pallina di gelato può aiutare. A Macabea manca un corpo che la stringa. Le manca poter essere la carne che è. Questa quarantena le ha fatto comprendere quanto sia fatta di carne e ossa e respiro umido. E poi Macabea ha aperto la porta a Jo Ma

Mancano le parole

Macabea ha bisogno di parole. Sono le parole che la tengono insieme e, adesso, avrebbe bisogno di parole pronunciate, perché quelle pensate nel suo continuo soliloquio sanno solo ferire e riaprire ferite mai curate. Macabea vorrebbe poter chiedere scusa e vorrebbe poter perdonare. Sembra però sia la sola, ancora una volta, ad avere questa urgenza di parole che tracciano una strada nuova. E così tace e non sa dove posare lo sguardo, non sa dove riposare; dove poter lasciar andare le lacrime finché non finiranno (e così non finiscono). Macabea non ha più respiro, non ha più battere del cuore. O, forse, ha troppo respiro. E troppi battiti, per tenerli tutti a bada. Prova a nascondersi tra le pagine di qualche libro, in un altrove sempre più difficile da preservare. Non esistono più i mondi paralleli che la salvavano quando era bambina. Intanto si accontenterebbe di un abbraccio rotondo in cui poter provare a riposare almeno un po' da se stessa.

Domenica delle palme

Macabea è orfana, vedova, sterile. Ha perso tutto o, forse, non ha mai avuto niente. E ciò che credeva essere la sua esistenza era, è, un'enorme menzogna. Macabea deve morire, perché non sa vivere questa vita. Macabea non può morire, perché le è negata la possibilità di essere libera. Macabea è morta. E nessuno la piange.

Vuoto

Da un tempo che ha smesso di ricordare, Macabea non incontra l'abbraccio del suo uomo. Ci sono stati, diverse settimane fa, alcuni abbracci di doveroso conforto: abbracci diligenti come un compito ben eseguito. C'è stato il tentativo di abbraccio maldestro, altrettanto doveroso, per il suo compleanno. Macabea ci pensa spesso e sente il cuore che diventa troppo grande e pesante. Allora respira forte, scuote i pensieri e prova a non pensare che abbracci non ne troverà più. Perché loro due da questo virus non guariranno. Perché si è spezzato qualcosa che non tornerà più insieme. Allora aspetta che la casa dorma per sfiorare, con un bacio sulle punta delle dita, le guance dei suoi figli. Aspetta che i suoi occhi confondano le parole sulla pagina per cercare un altrove che è sempre più difficile da raggiungere. Accanto a lei, il sonno di chi non desidera abbracciarla più.