Post

Visualizzazione dei post da marzo, 2019

Il regalo che vorrei

Prendersi cura è gesto di forte e delicata bellezza. Chiede pazienza, dedizione, attenzione al non detto, ascolto. Chiede abbracci che sorreggano i passi incerti e che gioiscano delle conquiste raggiunte o anche solo sfiorate. E’ carezza nel sonno perché i sogni siano lievi. E’ la consapevolezza dell’altro che l’altro talvolta non ha. E’ privilegio da conquistare con sensibilità attenta e grata. E mai scontata. Lasciare che altri si prendano cura di me. Affidarmi. Chiudere gli occhi e soltanto respirare, con la consapevolezza di una mano a tenere la mia per non lasciarmi cadere. Ecco il regalo che vorrei. Oggi. Sempre.

Bandus!

Da piccola, quando mancava il fiato dal troppo correre o quando l'avversario di gioco era vicino a prendermi, potevo gridare "bandus" e tutto si fermava. Almeno per un po' era possibile riprendere fiato, pensare una strategia, buttarla in ridire e poi, forse sì ma magari anche no, riprendere il gioco: "fuori bandus". Ecco. Dopo i giorni del tremore gelato e paralizzante, quando il respiro stava tornando a farsi regolare e il calore a sentirsi fin nel cuore; quando stava tornando, seppur timidamente, anche la voglia di lamentarsi un po', qualcuno a nuovamente sparigliato tutto. Un'auto ha investo il mio papà, senza fermarsi a soccorrerlo. E' stato molto fortunato perché è ancora qui con noi e quasi tutto intero. Ora si tratta di organizzare le prossime settimane e curare la ferita lasciata dall'enorme spavento che ha investito non tanto il corpo quanto piuttosto il cuore e la mente di due persone anziane, insieme da sempre, che si sostengon

Pianissimo

Si cammina con cautela, con prudente attenzione, perché il desiderio di dire "va tutto bene" è tanto. Si pensa lentamente, cercando generosità e comprensione anche quando si ritorna a sentire il gelo che paralizza il cuore. Si allungano le mani a cercare altre mani. Per non cadere, forse; per non lasciar cadere, anche. E si spera. Il cuore traballante. Tu come stai? E come sta il tuo cuore? Riesci a portarla la fatica di aver perso un altrove di gioco gratificante? Ti cerca ancora? Riesci a non rispondere? Talvolta mi sembra di riuscire a comprendere la noia che posso essere, l'abitudine alla mia forma accanto a te nel letto. A comprendere il desiderio di altro da me e da noi. E mi capita anche di desiderare di amarti di un bene così grande da accogliere anche quel desiderio. Non ci riesco. Ho paura. Barcollo. Cerco di non avere un orizzonte temporale per il giorno in cui smetterò di tremare per un freddo che non si placa. C'è il sole. E un cielo terso. Aspet

Capitano giorni

Capitano giorni che sono regali per sempre. Bisogna avere la prontezza di afferrarli e attraversarli con consapevolezza frivola e leggera. Allora c'è vento a scompigliare i capelli e i sorrisi. C'è un abbraccio in un caffè elegante a sciogliere una confidenza accolta con la naturalezza dell'affetto sempre e comunque. C'è una città bellissima sempre da scoprire. C'è la gioia dello stare insieme in un tempo ritagliato come per magia. Poi capitano notti di sonno faticoso, di silenzi dolorosi e distanze che sembrano incolmabili. Allora ci sono gesti mancati e parole taciute e paure talmente lucide da spalancare gli occhi sul buio. E capitano mattini a seguire quelle notti. Allora ci si aggrappa al giorno, agli sguardi sereni in cui si è riflesso il mio, alla naturalezza del riconoscersi senza necessità di dirselo. Basta guardarsi, per sentirsi. E se qualcuno non ha voluto entrare nel nostro cerchio, è mancata la sua presenza, ma siamo stati cerchio lo stesso: forse

Piccoli esercizi di felicità quotidiana. 22

1 Marzo. L'aria che cambia profumo, le giornate che si allungano. Gli abiti dell'inverno che iniziano a stancare. Il desiderio del sole sulla pelle scoperta. Il cielo mutevole e sorprendente. Il terrazzino che ritorna a fiorire. L'attesa per alcuni giorni che possono somigliare a una vacanza. L'attesa per alcuni giorni che possono aiutare a tornare noi. L'attesa.