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Visualizzazione dei post da marzo, 2012

Antenora

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"Tardavo a uscire dalla cappella. Stavo appoggiata allo stipite della porta semichiusa. Tra i battenti non rimaneva che un agio breve. Da fuori arrivava il vociare degli altri, già sparsi sul sagrato: consanguinei che non si vedono da tempo e rumoreggiano attorno alla sorpresa di ritrovarsi somiglianti. Era un mattino diafano d'inverno, fiacco di nubi. Eppure dalla feritoia sottile alle mie spalle la luce penetrava come un serpe a forare l'ombra, e smascehrava la pochezza di quel luogo intento. L'umido trasudava in terra dall'ammattonato e lungo le mura, cosparse di spacchi. Solo in alto la luce perdeva la crudeltà di fendente e si acquattava nella piccola volta a botte del soffitto. Lei stava lì,... ...Più tardi, uscendo dalla cappella, non l'ho baciata. Io non tocco i morti. Se penso all'interno di quel loculo, vedo un paio di vecchie scarpe, qualche rimasuglio di stoffa, una forcina per i capelli, la vera del Duce. Per il resto, non credo che Antenor

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"Se accendono le stelle – vuol dire che qualcuno ne ha bisogno? Vuol dire che è indispensabile che ogni sera al di sopra dei tetti risplenda almeno una stella?!" (Majakowskij) Mentre bevo il mio caffè insolitamente dolce leggo e penso, come spesso mi accade, che se non ci fossero i poeti non potrei resistere in questi giorni. Nulla come il giorno del proprio compleanno può risultare faticoso per il respiro. Allora mi concentro sul grazie. Per i baci piccoli e grandi che mi hanno svegliata. Per il sole e i fiori dell'albero fuori dalla mia finestra. Per chi ha sentito il mio respiro in difficoltà e mi ha teso una mano e un sorriso. Per ogni singolo giorno di quest'altro anno passato. Perchè è così che si arriva alla meta: un giorno dopo l'altro, banalmente, come i passi che innumerevoli si susseguono. Per i desideri che non so mettere da parte.

Anche marzo sta per finire...

Ieri un sorriso mite di luna per chiudere gli occhi a una giornata musicata da voci e colori di bimbi, tanti bimbi a invadere una città. Oggi il sole e il cielo trasparente. E gli alberi che esplodono di piccoli fiori e minuscole foglie. Sogni affollati come i miei giorni non saranno mai. E ancora tanti pensieri, i più diversi, che non trovano un solo filo a unirli e che mi regalano, proprio per questo, il respiro di cui ho bisogno. Stasera sarà il profumo buono di zucchero e buorro e uova. E poi arriverà martedì.
Ancora Maria, a un oceano di distanza. Ma questa Maria la vita la prende a morsi e dalla vita viene morsa. Con testardaggine lieve. Vive in una città di sole e mare, una città che ama e che racconta con l'affetto scanzonato che solo chi ama può conoscere e permettersi. Maria aspetta che sua figlia, che è solo sua, nasca oppure muoia. Ancora non lo sa, e in questo spazio bianco, in questa riga tracciata e lasciata vuota, lei riscrive la sua vita per poterla ricominciare. Maria che accoglie gli accadimenti dell'attesa con arrogante fragilità, con una vitalità che le è data dalla sua città, dal padre operaio alla Cirio, dagli allievi si una scuola media serale. Maria che legge per non lasciare che i pensieri la sorprendano. Ho letto "Lo spazio bianco", di Valeria Parrella, con un solo respiro. Per la maternità non scontata, per le tre dita della mano destra di Gaetano, per Napoli. Per i miei tanti pensieri che le pagine scritte non sempre riescono a distrarre.

Pausa caffè

Un sogno troppo affollato mi fa compagnia nella mia imperdibile pausa per il caffè. Un sogno che non avrei voluto. Troppe persone che non sono più mie compagne di strada, che forse non desidero neppure ritrovare. Forse. O forse il sogno mi ricorda la mia incapacità nel chiudere le porte, nel lasciare andare. Vorrei un sonno lungo e senza sogni. Che durasse un tempo imprecisato, ma sufficiente a risvegliarmi perduta in un giorno sconosciuto. E nuovo. Leggo tantissimo, per evitare i pensieri che mi inseguono. Per pensare a vite altre, in mondi altrove, in tempi differenti e sospesi tra pagine in cui mi perdo. E in tutto questo, il silenzio di Macabea. Che va e che viene. Che invade e sparisce. Macabea che sono io e che non mi appartiene.

The accidental woman

Ho incontrato Maria sabato pomeriggio ed è partita la mattina dopo. La sua è stata una non presenza ingombrante che ancora lascia traccia nei miei pensieri. Maria ha paura e non lo sa. O, forse, non lo capisce. Non so se la sua sia determinazione o indole. Non capisco la sua chiusura fragile e ostinata. Passa attraverso la vita come uno spettatore partecipe. Raccoglie amicizie che lascia appassire, amori che la feriscono e che decide di non vivere. Sfiora e non tocca ma viene percossa. Rassegnatamente violenta. E' l'infelicità banale, noiosa e proprio per questo così tanto, troppo, fastidiosa che mi farà ricordare il libro di Jonathan Coen, "Donna per caso", il suo primo libro, mi pare. La quarta di copertina suggerisce un sorriso nella lettura. Non l'ho trovato.

Ho

Quello che desidero è la comprensione senza parola. Quello che desidero è un abbraccio senza motivo. Da dare, più che da ricevere. Quello che desidero è accogliere. Quello che ho è incapacità di pronunciare parole comprensibili. Quello che ho è un abbraccio in cui abbandonarmi al sonno e al sogno. Quello che ho è l'accoglienza del mio piccolo mistero. Quello che ho è molto. Ed è tutto mio.

C'è

Qualcosa, nei miei ostinati desideri, mi impedisce di essere leggera come potrei. C'è qualcosa di sbagliato nei miei pensieri contorti, nelle mie lacrime soffocate, nel respiro che manca. C'è un'ingiustizia profonda nella mia incapacità di tenere tutto questo per me. C'è. C'è anche una soffitta che trabocca di un desiderio impolverato. E c'è il mio pensiero che se si ferma lassù non gliela fa a respirare. C'è il mio cuore che anche in questo momento accelera il battito. E' tutto questo esserci, il problema. Devo togliere, togliere, svuotare, creare spazio, cancellare. E diventare vecchia. Il più presto possibile.

Con la luce ancora accesa

Come sempre è il silenzio a suggerirmi di spegnere il mio giorno. E' il silenzio quasi fastidioso di stanze che silenziose non sono quasi mai. Sento il respiro di chi con me aspetterà il mattino, dei bambini nella stanza accanto. Accora una volta ne ho raccolto il profumo caldo e i sogni misteriosi. Come sempre è il silenzio a ritardare il gesto di spegnere la luce. Perché questo silenzio lenisce la mia banale fatica quotidiana. "Ringrazio. Chiedo scusa. M'impegno." Apro un libro. La luce la spegnerò.

Macabea e io

Mentre giro il sugo di funghi, mentre aspetto che la torta sia pronta. Macabea e io. Mentre preparo i prossimi giorni per rallentarne i ritmi e dare tempo al nostro respirare. Dove finisce? Dove inizio? Mescolavo l'impasto perché gli albumi lo rendessero gonfio e poi soffice. Impasto e albumi come Macabea e io. Mai davvero uno. Mai davvero due. Eppure non potrebbe esserci Macabea, questa minuscola Macabea, senza le mie dita su questi tasti. E io, senza Macabea e il suo viaggiare tra pensieri pieni di vento, non troverei respiri facili.

Arriverà primavera

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Lascio la polvere alle spalle, così come il vento che ha portato il tuo profumo. Si sarà sciolta la neve, sul vialetto; i muri sapranno di muschio e di foglie. Ci saranno i crochi a segnare la strada. E poi le imposte rosse torneranno ad aprirsi.