La notte che ti ho cercato lungo il fiume, guardando dal ponte e poi per il sentiero tra i più belli che si possono camminare. La notte che ti ho cercato disordinatamente per strade a caso, troppo affollate o troppo deserte per trovarti. La notte che ho pensato di averti perduto e mentre lo pensavo ho sentito che ti avrei ritrovato perché non c’era stata alcuna lacerazione in un pensiero così enorme e indicibile. La notte in cui sei morto. Quando ti ho saputo al sicuro tra mura amiche pensavo di averti ritrovato, poi ho capito che sei morto. E adesso mi manchi immensamente: un buco nero che mi riempie e mi vuota di tutto. Posso vederti, parlarti, abbracciarti. Posso sentire mentre ripeti le lezioni ad alta voce. Possiamo discutere e ridere ancora insieme. Ma tu, che hai abitato con noi, che abbiamo amato per 18 anni, non ci sei più. Con noi vive e si muove e occupa spazio un altro Tu, che amiamo immensamente ma che non riconosciamo. Un buco nero da riempire o vuotare del tutto per ri