«Poteva anche chiamarlo sonno. Era soltanto in prossimità del sonno che ogni battito delle ciglia poteva provocare una scintilla contro l’esca confusa del buio, accendere negli angoli oscuri della camera una tale miriade di vividi zampilli di immagini (…). Poteva anche chiamarlo sonno. (…). Era soltanto in prossimità del sonno che uno sapeva di essere ancora disteso sui ciottoli, che sentiva i ciottoli sotto di sé; e sopra di sé, e sempre spinta veloce verso di lui come una schiuma nera, la nube perenne di piedi calzati che correvano, le scarpe rotte, le scarpe nuove, scarpe tozze, a punta, infangate, lucidate, sformate dai piedi callosi, rovinate dai selciati, pesanti, sotto a gonne, sotto a pantaloni – scarpe, sopra di lui e attraverso di lui; e le sentiva tutte e sentiva, non dolore, non terrore, ma il più strano trionfo, la più strana acquiescenza. Si poteva anche chiamarlo sonno. Chiuse gli occhi.» Ho letto per la prima volta di Chiamalo sonno un paio di anni fa girova