Rivoluzione

Pensieri e parola non sempre combaciano. Spesso, molto spesso, non si trovano le parole esatte a definire ciò che pensiamo. Spesso, molto spesso, sembra che il nostro pensare sia troppo veloce per darci modo di trovare e scegliere quelle parole; altrettanto spesso sembra che le parole sfuggano e vengano pronunciate ancor prima di essere pensate.
Abusiamo delle parole e sappiamo tacere poco. Esprimiamo un'opinione su tutto. E ci poniamo poche domande.
Da un po' di tempo rifletto su come scelgo le parole che pronuncio. Io, che dico di amarle, quanta cura dedico alla parola che scelgo di dire, che rivolgo ai miei figli, a mio marito, a un'amica, a chi incontro per caso? E quali sono le parole che ascolto e mi consentono di restare in equilibrio tra giorni di parole urlate, sporcate da un uso improprio, sparse a casaccio come non avessero peso? E quali sono le parole che scelgo di tacere o di non ascoltare?
Mi chiedo quali parole decido di custodire e lasciare ai miei figli. Provo, con una certa dose di fatica, a cambiare il mio modo di pensare, attraverso le parole che scelgo, partendo dal dare il genere corretto ai sostantivi; convinta che solo pronunciandone il nome la cosa indicata inizierà ad esistere.
Allora imparerò a dire chirurga, per esempio. O sindaca, ministra, notaia.
Imparerò a vivere una rivoluzione piccola e quotidiana che inizierà proprio dal mio dire che diventa pensare e si tradurrà in fare. E spero di imparare questo percorso insieme ai miei figli e al compagno che ho a fianco. Mi auguro di non lasciare che tutto ciò venga inteso come un banale particolare tra ben altre urgenze.
Parte la rivoluzione. Da ieri.

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