Estate

Aspetto ancora l'estate come da ragazzina? 
Aspetto l'estate per i miei figli che tanto la desiderano; per i sempre meno giorni da sola che mi concede; per i sempre più brevi periodi di riposo.
In un certo senso non l'aspetto più. Attendo invece, e con una certa impazienza, l'autunno. I maglioni caldi, le tazze a scaldare le mani, le giornate che si fanno più corte.
In questi giorni di casa insolitamente silenziosa e poco tempo libero da dedicare alla mia poltrona, anche i pensieri sembrano meno desiderosi di trovare ordine.
Ieri guidavo tornando dalla mia casa del cuore e pensavo a una persona che non conosco ma leggo. Pensavo che non si potrebbe essere amiche: troppo diverse. Eppure ciò che leggo di quello che non racconta scrivendo, colma i silenzi del mio non scrivere il dolore di qualche estate fa.
La cicatrice è ancora sulla mia pelle, nel mio cuore, tra i miei pensieri. Solo la sfioro più lievemente e, talvolta, con un poco di tenera saggezza.
E pensavo a come sia confortante, eppure doloroso, ritrovare il non detto, la lacerazione mai guarita, la tenacia del voler ricostruire e la consapevolezza di un amore che in qualche modo basta a se stesso, tra le righe di qualcuno così lontano e tanto vicino.
Pensavo anche a una sensazione di freschezza sulla guancia. Quella che può regalare solo una mano riconosciuta e ritrovata. E che in qualche modo misterioso non si perderà mai.
Pensavo a una merenda nel caldo abbagliante di una città di pianura.
Ai miei figli che mi stanno insegnando ad essere fiera ed orgogliosa del loro essere così unici e diversi. E un po' elfi blu.
Pensavo ai miei genitori. Alla fragilità che li sta cogliendo. E spero di essere capace di offrire il braccio di cui hanno bisogno.
Guidando, in mezzo a un tramonto che ho fotografato per sempre nel cuore, pensavo ad A. A come riesca a sentirne i pensieri e nello stesso tempo a non saperglielo dire come forse dovrei. Dovrei?
A F., che spero lasci qualcosa nel bosco e non porti davvero "tutto a casa".
A P., che scelgo con fatica e consapevolezza ogni giorno perché sa ancora sorprendermi rispondendo al telefono.
Alla mia inevitabile imperfezione e ai tanti miracoli che so fare, ai tanti miracoli che ricevo e a quelli, troppi, che non so riconoscere. Imparerò?

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