Se sono in grado di condividere informazioni storico o artistiche di una chiesa, o di una città d'arte, è perché "ti ci ha portata tuo marito, vero?"
Questa frase, pronunciata con estrema naturalezza da mia madre, mi ha molto colpita. In questi giorni leggo un libro che parla proprio di questo, "Le mie parole contro le sue". 
Mi sono chiesta quando ho permesso di lasciare a mio marito il dominio sulla cultura nella nostra famiglia. Quando ho iniziato a tacere per far parlare lui. Quanto è stata una scelta di ammirazione, di comoda pigrizia e quanto un mio non sentirmi altrettanto colta e preparata. 
Non sto dando ad altri che a me, la responsabilità di questo. Eppure c'è stato un tempo in cui leggevo e serbavo memorie che costruivano la ragazza che ero. Di cosa è fatta la donna che sono? Quali parole ho dimenticato? Quali, riferite a me, ho consentito che venissero dimenticate? Quanto tutto questo è dipeso e dipende da me, e quanto dall'ambiente in cui vivo?
Mi sono innamorata di te, l'ho sempre riconosciuto con gioa, soprattutto per l'intelligenza che mi regalavi. Ma perché, invece di esserne contagiata, ho lasciato che si spegnesse in me la gioia della mia?
Da dove ricominciare per riprendere il filo interrotto, ora che sembro essere così stanca, troppo stanca per dedicare energie ad altro che non sia il fare obbligatorio di un calendario che non compongo io?
A chi chiedere aiuto? O devo fare da sola?
Un altro tassello perso da recuperare. E non sono nemmeno certa di averne voglia.

Commenti

Post popolari in questo blog

Pausa

Estate