Macabea, da alcuni giorni, parla poco.
Perché le fanno notare che la sua voce arriva con il tono sbagliato, le parole sbagliate, i gesti sbagliati ad accompagnarle.
Prova a limitare la sua voce allo stretto necessario per non infastidire chi è costretto ad ascoltare.
Non ha che la sua voce, le sue parole, i suoi gesti. E non ne desidera altri. Non vorrebbe nemmeno orecchie differenti ad ascoltarla. Solo orecchie che non pensassero di sapere già cosa ascolteranno.
In passato hanno detto a Macabea quello che era, ma lei non era quella che raccontavano. Gli anni le stanno portando la consapevolezza del suo tratto, della sua voce. E se a qualcuno questi tratti e questa voce non piace, lei non cambierà.
Non impone la sua presenza, Macabea. Tace. E si muove nei gesti quotidiani e soliti. Quelli indispensabili nonostante il caldo che non le piace e la rende insofferente a tutto ciò che non è necessario.
Non lo so se il silenzio è apprezzato. Non capisco nemmeno se sia stato colto per quello che è. Si dovrebbe chiedere, parlare e, quindi, venir meno al proposito. Macabea non ne ha l'energia, il desiderio.
Macabea continuerà a parlare poco finché ne avrà voglia, poi parlerà con chi vorrà ascoltarla.
Quello che la stupisce è che il silenzio della propria voce ha reso meno presente anche il suo consueto soliloquio e questo non le dispiace.
Quello che la sorprende, in questo silenzio anche di pensiero, è la capacità di lettura delle parole di altri per lei. Come sempre sono le parole a salvarla.

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