Io con Macabea

Siamo tanti e siamo uno. Oppure siamo uno e siamo tanti.
Per esempio io sono quella che tutti chiamano con lo stesso nome, poi sono i ruoli che ho scelto di vivere, quelli che mi sono trovata a interpretare; e sono Macabea.
Devo dare pensiero, e voce, a ognuna delle anime che mi compongono, se voglio restare intera. E l'ordine rigoroso dei gesti che compongono le mie giornate serve a questo.
Ho pensieri da sempre confusi, tenuti a bada da un ordine esteriore che in qualche modo li preserva dalla follia.
Stamani il gesto inaspettato di qualcuno che, forse, ha intravisto Macabea nella donna non più giovane intenta a leggere il giornale con davanti una tazza di caffè bollente e un croissant delizioso.
Un gesto che non mi aveva mai sfiorata prima, che è stato come una brezza di mare portata fin qui da un vento generoso; come il profumo della neve quando scende sulle montagne qui vicine.
Un gesto per cui non posso dire grazie a un volto che perciò mi è concesso di immaginare e, quindi, di disegnare come più mi piace. Un gesto, molteplici regali. Minuscoli. Di quelli che sulle labbra, e nello sguardo, lasciano il sorriso della sorpresa nonostante un giorno privo di luce e calore.
Ed è il calore, che adesso aspetto. Quello sudato sotto una coperta da condividere in un abbraccio.
L'attesa, come sempre, per me come per Macabea, vale più dell'adesso.
Quasi sempre.

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