In pensieri, parole, opere e omissioni

Avevo scritto un post per venerdì. Una dimenticanza e quelle parole sono rimaste non dette e poi superate dai giorni lenti di una breve vacanza.
Ho pensato a lungo se pubblicarlo ugualmente, perché in fondo sono parole che torneranno presto vive nel mio quotidiano: per ora sono solo nell'ombra, non cancellate. Poi ho scelto di aspettare che siano loro a spingere per trovare voce qui, in questo soliloquio meno cupo del mio consueto parlottare piano sotto la doccia.
I giorni lenti hanno portato molti pensieri.
Ho pensieri che non posso controllare; che mi portano dove decidono di portare la mia mente; che mi regalano pause da un quotidiano faticoso e che mi consentono di tenerlo in equilibrio, questo quotidiano.
Sono pensieri che mai avrei il coraggio di pronunciare. Pensieri potenti che mi consentono di mantenere netta la distinzione tra il qui e l'altrove proprio perché impossibili nel loro concretizzarsi.
E' una sensazione fortissima. Non è sogno. Oppure è sogno consapevole. E irrinunciabile.
Mi sono chiesta anche se questo aggrapparmi a un altrove che non sarà mai presente è una mancanza, una colpa. Pensieri, parole, opere e omissioni. Dove cado, ammesso che vi sia caduta?
E ancora.
Se fosse proprio in un altrove che non controllo, la chiave per essere più paziente, più presente, più disponibile in un quotidiano spesso privo di riconoscimento e sollievo? Se fosse proprio questo il modo per trovare il respiro che altrimenti non so respirare?
E poi.
Se trovassi il coraggio di trasformare questa morsa allo stomaco in parole nette, invece che in queste frasi sconclusionate, perderei il mio altrove? E se, per assurdo, dovessi renderlo presente?
No. Ho compreso quanto sia importante e salvifico il viaggio in una terra impossibile da abitare.
Nessuna realtà tangibile potrebbe reggere al confronto.
O mi sbaglio?

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