Con intorno il profumo del caffè, mi fermo. Un goccio d'acqua e un respiro. Le mani sulla tastiera e la mente altrove. Altrove. In un luogo imprecisato della fantasia, in luogo ben preciso del cuore.
Sento il soffio del sorriso mentre la mano scrive e vedo benissimo le rughe del volto. Cerco i miei confini e scopro che sono più morbidi delle mie idee. Questa è stata una buona settimana, addolcita da parole inaspettate e profumata di vento. E' una serata conosciuta e per questo leggera: dormirò bene. Parole e musica i doni per i miei giorni. Aspetterò.
Aspetto ancora l'estate come da ragazzina? Aspetto l'estate per i miei figli che tanto la desiderano; per i sempre meno giorni da sola che mi concede; per i sempre più brevi periodi di riposo. In un certo senso non l'aspetto più. Attendo invece, e con una certa impazienza, l'autunno. I maglioni caldi, le tazze a scaldare le mani, le giornate che si fanno più corte. In questi giorni di casa insolitamente silenziosa e poco tempo libero da dedicare alla mia poltrona, anche i pensieri sembrano meno desiderosi di trovare ordine. Ieri guidavo tornando dalla mia casa del cuore e pensavo a una persona che non conosco ma leggo. Pensavo che non si potrebbe essere amiche: troppo diverse. Eppure ciò che leggo di quello che non racconta scrivendo, colma i silenzi del mio non scrivere il dolore di qualche estate fa. La cicatrice è ancora sulla mia pelle, nel mio cuore, tra i miei pensieri. Solo la sfioro più lievemente e, talvolta, con un poco di tenera saggezza. E pensav
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