La stanchezza non è mai per caso.
E' rabbia inespressa o gridata nel silenzio vuoto di un'auto in corsa.
E' ferita che non guarisce perché mai curata.
E' l'incapacità di capire la ragione di tanto accanirsi della sorte.
E' l'impossibilità di arrendersi alla caduta.
La stanchezza non è mai per caso.
E consuma. I pensieri, la pelle, lo sguardo. Anche le labbra e le pieghe ai lati di un sorriso stentato.
Si argina con il sonno davanti a uno schermo che canta una nenia lontana e asettica.
Si prova a nascondere tra le pagine di un libro, in un cinema all'aperto.
Si maschera di stanchezza un dolore sordo, invadente, insopportabile.
Pagare responsabilità di altri è amore? O rassegnazione? O è il castigo che ci si infligge per una colpa originale che non si trova e, perciò, non si può scusare?
Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti, che mi dica: siedi, ci penso io.
Che sappia leggere nei miei occhi stanchi, nella mia voce stanca.
Ho bisogno di un aiuto che non posso chiedere. Deve arrivare in dono.
Non arriverà.


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