"La parola non salva, talvolta sogna"

Colpita al cuore da questo verso che chiude una poesia di Bonnefoy, ci penso da quando l'ho letta, stamattina.
Stasera accendo il pc pensando di scrivere qualcosa per la fata turchina punk che abita con noi. Qualcosa che serva a me per alleggerire i pensieri e il cuore e provi a mettere ordine nel groviglio che sento dentro; qualcosa che la mia fata turchina non deve leggere. Qualcosa di confuso così come sono e come sto facendo.
Ritrovo invece, in una cartella dimenticata, alcune pagine scritte diversi anni fa. Forse per questo blog. Non le ho nemmeno riconosciute come mie, visto che mi sono sembrate perfino belle: strano, solitamente quando mi rileggo cancello. Anche quello è un non riconoscersi.
Leggo parole scritte e dimenticate e ne aggiungo di nuove. Poi ritorna il verso di Bonnefoy.
Mi ha colpita al cuore perché ripeto spesso di essere stata salvata dai libri. E lo credo fermamente.
Cadere dentro una storia e portamela lungo il giorno in attesa di un nuovo incontro appena possibile, è sempre stato il mio rifugio segreto. Trovare nelle parole di altri il mio pensare, il mio sentire, il mio sguardo, lo stesso battere del cuore. Accompagnare la punteggiatura con il respiro e scoprire i pensieri che seguono il ritmo di quella narrazione anche nella realtà. Questa, da sempre, la mia psicanalisi.
Le parole che ho letto stasera, che avevo scritto chissà quando e chissà perché, invece, sono sogno e non salvano. Riportano sensazioni che non so ben riconoscere e non so bene dove riporre e se riporle o, invece, riprenderle in mano.
E la psicanalisi che vorrei, in questi giorni, è quella di qualcuno che mi aiutasse a dipanare i fili troppo, troppo aggrovigliati. E mi insegnasse a prendere fieramente per mano la fata turchina nera come la pece e fragile come il cristallo che abita con noi e riempie il mio cuore. 

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