Pensando in pensieri sconnessi

Guardo da una finestra che non c'è.
Dodici anni e pensare di aver capito che solo quelle belle possono piacere; e pensare di non essere tra quelle belle, nemmeno tra quelle brutte, però: indifferente.
Mi ha riempito di tristezza. Una tristezza non mia, per una volta.
Ieri giornata da dimenticare, che ha lasciato strascichi di fatica anche oggi e che faticherà a sciogliersi domani.
Volo in un precipizio senza fine.
Sono a un passo dal cadere di sotto. Non camminerò quel passo.
E non si impara. Non si cambia.
Non so chiedere. Non so dare il desiderio di rispondere ai miei desideri.
Essere trasparenti, dimenticabili. Lo ha respirato da me?
Eppure so di non esserlo; non l'ho capito, ma lo so. Lo capirà prima di sentire il vuoto che ho sentito io e che mi ha scavato dentro?
E poi sentire di dover tranquillizzare: mangio, sì; sto bene, sì.
E il desiderio di essere fisicamente sola per non sentirmi così sola.
E la paura di chiudere gli occhi e vedere una minuscola schiena, una minuscola testa adagiata alla culla che ero. Alla tomba che sono.
E il timore del silenzio per non voler risentire "non ho buone notizie".
Sperare che la pioggia confonda le lacrime e desiderare il sole a bruciare pensieri e ricordi e desideri che non si possono pensare mai più.
E aver voglia solo di piangere.
E allora piangere.



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