"Ho paura di vivere in qualsiasi posto, se non nell'illusione"

La tisana che prova a scaldare le mie mani profuma di fiori d'ibisco.
Sarà per il colore, ma mi fido.
Troppo presa dai giorni, mi dimentico di sedere e perdermi nelle volute dei mie pensieri che a volte credo ordinati, visto che non ho il tempo per confonderli.
Eppure sempre più ho la sensazione che sia questo il "tempo perso". Questo non riuscire a fermarsi e invece correre, correre sempre non avendo neppure la possibilità di dimenticarne la ragione.
Cito a memoria, con possibilità di errore, la frase del libro chiuso da poco.
Leonard Cohen, Il gioco preferito.
Un libro di frammenti, come la memoria.
Un libro di frammenti disordinati come tanti pensieri che si accavallano e non si confondono.
Forse il vero unico limite del romanzo è l'ingombrante presenza del suo autore, l'inevitabile sovrapposizione di Lawrence e Leonard.
Per il resto sono pagine che si leggono con gli occhi chiusi perchè le parole sembrano immagini.
E poi.
L'amore come formazione, in ogni sua veste. E la scelta di non viverlo per non consumarlo e non rischiare di restare soli.

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