Aspetto

Giro. A vuoto.
Parlo. Da sola.
Da sola mi consolo.
Da sola fingo di non venir ferita da una parola banale lasciata cadere con noncuranza.
Sono di vetro. Mi scheggio. Mi taglio.
Non so andare in frantumi e questo è il mio dolore.
Mi regalo le parole che vorrei, rubandole a chi le ha scritte per altri.
Chiudo gli occhi e provo a cercare un altrove di leggerezza e di sole.
E poi arrivo qui.
Nel silenzio più ridondante.
Perché abitare qui vuol dire non avere braccia a circondarmi.
Perché abitare queste pagine bianche e imbrattarle di brutte parole vuol dire non poter dare una voce ai miei pensieri, non avere orecchie per consolarla.
Passano gli anni.
Non passa nient'altro.

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