Tenere una mano è anche lasciare che si liberi, che smetta di sudare nella tua.

Sto vivendo giorni, parole, gesti, pensieri, che mai avevo immaginato nella pur mia sconfinata immaginazione.
Lascio che mi passino attraverso, che mi scivolino addosso. Che mi feriscano o che mi consentano il respiro.
Non so neppure come raccontare, come dire. Non so neppure se lo voglio fare davvero.
Stasera, per esempio, non riesco a dimenticare, mentre scrivo, che altri occhi si poseranno sulle mie parole. E non posso scrivere con questo pensiero.
La mia scrittura è egocentrica e puo' essere solo se fine a me stessa.
Spesso ho scritto con la speranza di essere letta da chi avrei voluto sentisse i miei pensieri senza il bisogno di esprimerli. Raramente ho trovato risposta.
Spesso ho scritto come segnali di fumo, spargendo parole che viaggiando nel caso trovavano la loro destinazione. Non ho quasi mai conosciuto l'esito del loro viaggio.
Scrivere è vedermi da fuori stando completamente dentro di me.
Scrivere è perdermi per trovare il mio io più nudo.
Se pensassi di essere letta, non scriverei.
Se mi ricordassi di essere letta, con attenzione, amorevolezza, curiosità, distrattamente, per caso, non scriverei.
Questo foglio di nessuno, appartiene solo a me.
Ho bisogno di non doverlo chiudere a chiave in un cassetto per poterlo sentire mio soltanto.

(Sento i tuoi occhi che mi frugano, le tue mani che mi frugano. Sento il tuo amore che mi fruga.
Se vuoi trovarmi, riposa i tuoi occhi e ferma le tue mani. Sono io. E sono qui.)

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