Marina Bellezza

Ho chiuso il libro e aperto una domanda: davvero la meta dipende dove partiamo?
Marina Bellezza parte da un minuscolo paese perso tra le montagne biellesi. Una valle dimenticata che va spopolandosi, da dove i più vogliono partire e qualcuno tornare.
Come in Acciaio, Silvia Avallone, sa raccontare la provincia con sguardo quotidiano.
Nel suo ultimo lavoro ci sono le radici che nessuno può davvero recidere.
Possiamo camuffarci, provare a cancellare tracce di noi che poi ritorneranno in minuscoli particolari.
Marina ha un talento unico per il canto, una bellezza che sembra poterle regalare tutto e la voglia testarda di arrivare in cima al mondo.
E porta, nascosta dentro tacchi vertiginosi, una ferita che la rende tanto determinata, che le consente la tenacia di non guardarsi se non per come deciderà di vedersi.
Almeno per un po', almeno per il tempo di tentare la fuga da Valle Cervo.
Andrea è il figlio non voluto che delude per missione e vendetta; che come unico desiderio vuole tornare a dar vita alla malga del nonno.
Marina e Andrea si amano, ciascuno a modo suo. Con passione e inganno; come ragazzini, prima, e come giovani che arrancano, dopo. Con sogni opposti e contrapposti che non sanno fare a meno d'incrociarsi, di salvarsi, di ostacolarsi.
Intorno a loro adulti che non hanno saputo tracciare una strada. Ragazzi sospesi tra sogni, precariato e un orizzonte americano; tra il disagio e la fatica di chi la propria strada deve trovarla da solo.
Non mi sembra l'Avallone  abbia un grande talento per la scrittura, ma ha l'onestà di uno sguardo chiaro nel raccontare storie e luoghi che le sono vicini.
Perché anche lei, come Marina, come me, indossa talvolta un abito nuovo sopra una pelle che porta scritta la nostra storia.

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