Senza ombrello

Per loro la piogga era lieve.
Se ne stavano seduti per terra, al riparo del portico davanti alla biblioteca, affacciati sulla piazza illuminata di giallo, dove noi camminavamo in fretta per raggiungere le auto, le case, un posto asciutto.
Loro se ne stavano lì.
Le gambe intrecciate, il fiato che si confonde, le teste che si sfiorano, gli occhi che si trovano.
Le mani non le ho viste, ma le ho pensate unite e confuse.
Come al solito non avevo ombrello, ma ho allargato un poco il mio giro per cercare di vedere i volti di due ragazzini che ascoltavono la pioggia senza sentirla, senza avvertirne l'invadenza che questa notte si fa pericolosa.
Per loro la piogga era lieve, quasi desiderata.
Un'ottima scusa per fare tardi, rientrare dopo l'orario stabilito, senza alcun pensiero per chi sta alla finestra e aspetta il loro rumoroso rientro a riempire di vita due case.
Ho sorriso alla loro tenerezza.
E ho ricordato le pioggie belle che hanno riempito di musica i miei giorni.

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