Nel mezzo

Ferirsi è un attimo.
E di tempo ne serve tanto, per guarire.
Forse è vero: meglio tacere.
Forse è meglio abbracciarsi, riconoscersi dall'odore.
Ho usato parole che non si sono lasciate comprendere.
Ho letto e ascoltato parole che non ho compreso e mi sono lasciata ferire.
La mia trasparenza è oggi più opaca.
Sarà il cielo grigio, saranno le nuvole basse.
Ho pulito il mio terrazzo, tagliato rami secchi, curato le piante malate.
Ascolto le voci e i rumori dei bambini.
Vorrei comporre un numero di telefono e dire parole che possano accarezzare.
Cerco musica leggera. Sottolineo un libro denso.
Vorrei perdermi nella mia poltrona e svegliarmi perché qualcuno ha posato una coperta a scaldarmi.
Avevo iniziato a scrivere ogni cosa. Ma la cronaca non fa per me. Troppo esplicita.
Avevo iniziato a trascrivere ogni parola: la rabbia e la dolcezza. Non ha senso. Ho cancellato.
Per perdonare bisogna forse perdonarsi?
Per perdonare bisogna ricordare e fingere di dimenticare?
Ho pensieri disordinati come i miei capelli.
E nessuna voglia di pettinarli.
Ho mani che vorrebbero riempirsi di carne. E braccia che non vorrebbero restare vuote.
Ho occhi stanchi e labbra che oggi faticano a trovare una piega sorridente.
Provo a respirare con ritmo regolare.
A sincronizzare respiro, cuore, gesti, pensieri.
Provo a lasciar passare questo giorno così come vuole passare.

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