Pensando

Nel mio piccolo mondo ripiegato attorno a me, avrei voluto ricevere alcuni mazzi di fiori (anche presi al mercato, raccolti), alcuni bigliettini lasciati sotto una tazza del caffè, qualche email a svegliare la mia mattina. Avrei voluto, insomma, essere oggetto e soggetto di una tradizionale riconquista.
Ho provato a chiederla, ho provato a fingere che non me ne importasse granchè, ho cercato di convincere e alla fine di persuadermi che "non sono queste le cose importanti".
Ho ricevuto in cambio tanto silenzio che non so capire e che non so accogliere come dovrei.
Come al solito mi sono sentita in colpa io e ho pensato di dover essere io a fare qualcosa per riconquistare.
Tutta la mia antipatia, tutta la distanza che due persone posso mettere tra loro, tutta la fatica che impongo, non giustificano la ferita che ho subito. E se non riesco a dimenticare e neppure a ricordare con serenità il dolore acuto che ho conosciuto; se ancora basta un niente a riannodare lo stomaco; se improvvisamente e senza preavviso mi compaiono immagini che non ho visto ma che ho chiare nel cuore, non posso e non voglio farmene una colpa.
Non posso parlarne, non posso scriverne, se non con e a me stessa e anche questo non va bene.
Al silenzio che risponde alle mie email, ai miei tentativi impacciati di chiedere rassicurazione, si somma il peso di un corpo che non riconosco più come il mio. Segnali contrastanti che mi dicono qualcosa che non sono pronta ad ascoltare, e che potrebbero essere, invece, proprio la risposta al mio desiderio. Ecco perchè fanno tanto male.
E ancora. Mai come in questi ultimi mesi ho dovuto ascoltare, con gioia faticosa seppur sincera, notizie di bambini in arrivo o arrivati. Allora, meschinamente, penso che avrei potuto chiedere proprio questo, nel momento di debolezza e che, invece, ancora una volta, ho pensato di non meritare neppure la possibilità di un ricatto. Tristezza!Tristezza!
Stasera piove. Domani sarà la Pasqua.
Stasera ingoio sentimenti malconci. Domani non sarà diverso.

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