Mio figlio andrà in prima a settembre...

"Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani (...). Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano." (A. Gramsci)

La mia speranza sta piano piano svanendo.
Non che pensassi o sperassi in un miracoloso rigurgito di partecipazione cosciente e critica, ma certo non mi aspettavo la rassegnata indifferenza da cui mi sono sentita circondata.
Non mi aspettavo un così vasto ottimismo del nulla.
Pensavo che se non ci interessano le vicende altre da noi, ci scuotessero almeno quelle che investono la nostra vita o quella di chi amiamo. Invece...
Invece credo di aver capito che ormai pochissimi si preoccupano, almeno da queste parti, di quanto succede fuori dal cancello dei nostri (loro) grandi giardini. Credo di aver capito che pochi pensano davvero che saranno coinvolti e travolti come tutti. E credo anche che quando questo avverrà non se ne renderanno conto.
Gli incontri e gli scambi di idee di questo ultimo mese, mi hanno fatto sentire tutta la differenza: fisica e fisiognomica, linguistica, intellettuale e intellettiva.
Mi sento assurdamente in colpa per questo sentimento di assoluta estraneità che mi prende ogni volta. Mi sembra di non saper usare il linguaggio adatto per essere compresa e, perciò, di non usare la parola come dovrebbe essere utilizzata: per comunicare. Invece...
Invece la parola rischia di non essere incontro e scambio, ma scontro e muro.
Invece mi perdo nello stupore del vuoto pneumatico che riempie e soffoca così tanti possibili pensieri. Un pensiero unico sta davvero strisciando lentamente tra di noi e riesce a negare anche macroicopiche evidenze.
Non mi sento ottimista, stasera, ma vorrei tanto appendere alla mia finestra un cartello per raccontare in tre parole la mia indignazione. E la mia sofferenza per non sentirmi in buona compagnia.
E' stata una giornata fredda in modo meraviglioso e pungente e spero, domani, di trovare nel freddo le mie tre parole.

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