Diario

Probabilmento scelgo il modo sbagliato, il momento sbagliato; come quasi sempre. Ma il solo modo che ho, stasera, per parlare è farlo come se scrivessi il mio solito adolescenziale diario di carta. Lo faccio qui. Non so se arriverà, ma scrivere una lettera è più difficile da sopportare; si finisce sempre con l'aspettare una risposta che non arriva quasi mai. Una lettera devo ricopiarla in bella e finisco per tagliare sempre troppo. Qui correggo subito e decido di non rileggere. Un clic e via. In questi giorni scrivo tanto per me. Quasi mai direttamente di me. Stasera torno a leccare le mie ferite. Ferite che sono sempre le stesse perché mi guardo bene dal farle guarire...
Ecco cosa fatico a sopportare.
Il disprezzo tagliente verso tutto ciò che ci circonda. Sarà la mia nascosta vocazione di avvocato d'ufficio per le cause perse o quella, palese, di bastian contrario, ma non riesco a non prendere le parti di ciò che, forse anche giustamente, viene dileggiato senza possibilità di appello. L'inconsapevole disordine che non prova neppure a riconoscersi.
La costante attenzione al non spreco e, quindi, la conseguente mancanza di leggerezza dell'inutile.
Ecco cosa mi manca.
Il ricordare anche un po' banalmente, le ricorrenze per me importanti. Lo so. Sono borghese e scontata e non possiedo buon gusto, ma non riesco a trovare nulla di così brutto in un uomo che desidera fare un regalo alla moglie per la nascita di un figlio, per un anniversario o per S.Valentino. E mi dispiace non riuscire a dirlo senza sembrare desiderosa di litigio.
Mi manca la voce che leggeva per me Dostoevskij o Montale o Neruda (in spagnolo!).
Mi mancano le minuscole sorprese inaspettate. I fiori. I bigliettini sul tavolo della colazione.
Cosa ho perso.
La capacità di chiedere e, a volte, anche di desiderare ad alta voce. Per evitare stupide e banali delusioni, mi sono allenata non desiderare niente, ma non sempre riesco davvero e allora mi limito a non dire, a non voler pensare. Mi censuro continuamente e ho finito per confondermi e perdermi!
La mia vita non è interessante. La mia vita è banalmente quotidiana, così come i miei pensieri. Non mi sento all'altezza. Vorrei saper amare come solo Dio ci ama: per quello che siamo, così come siamo, ma non ci riesco. E mi fa male la rassegnazione (che finisce per far realizzare quello che si pensa), il non provare, il non cercare. Mi fanno male le non risposte eppoi anche le risposte che non sono quelle che vorrei sentire. Mi fa male l'eccessivo rispetto per gli spazi altrui perché rischia di trasformarsi in distanza e poi in distacco. Mi fa male il mio non riuscire ad amarmi come dovrei per poter amare come vorrei. Mi fanno male la mia pigrizia, la mia disistima, il mio nervosismo e la mia antipatia. La mia incapacità di relazione e, stasera, anche il mio stomaco che somatizza.
Domani inizierà una nuova settimana. Non riesco a non pensare che porterà novità belle, sorprese. So che ogni mattina aspetterò un regalo e resterò delusa perchè chiedendolo l'ho già perso.
Stasera Alice mi ha chiesto cosa voglio fare da grande. Si diventa mai grandi?

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