Dire con gli occhi, ascoltare il non detto.
L'incomprensibile e l'ovvio.
Esercizi di piccola felicità. 7
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Primo giorno di liceo.
"Mi accompagni a scuola? Fino al cancello? Almeno il primo giorno..."
Sarà l'ultima volta che me lo chiedi?
Conservo questa mattina tra i ricordi più cari.
Con intorno il profumo del caffè, mi fermo. Un goccio d'acqua e un respiro. Le mani sulla tastiera e la mente altrove. Altrove. In un luogo imprecisato della fantasia, in luogo ben preciso del cuore.
"Sono nata per vagare senza riposo". Mi pare inizi così una poesia che mi piace per nulla. Il mio vagare stando immobile è probabilmente conseguenza di un cuore sparpagliato che affatica il mio respiro. Leggevo, poco fa, di sogni da abbandonare per non morirne. Leggevo, sbirciando di nascosto, parole belle di chi le parole le ama e le vive. E le rispetta. Io? Io ho chiesto un giorno di sole. E non si può avere. C'è da fare. Forse ho piuttosto chiesto una minuscola follia che aveva necessità di un sì pronunciato prima di essere pensato. La mia incapacità usuale di insistere per ciò che non c'è. Di inseguire un desiderio tanto piccolo da essere impossibile o talmente grande da non riuscire nemmeno a sfiorarlo col pensiero. Ecco. Stasera parole prive di senso. Serve acqua. Tanta. A circondarmi. A portarmi via da me. E serviresti tu. Spengo i pensieri dentro di me. Accendo un libro. Chiudo gli occhi. Apro un sogno. Domani cercherò una storia che non abbia i mi
Sento il soffio del sorriso mentre la mano scrive e vedo benissimo le rughe del volto. Cerco i miei confini e scopro che sono più morbidi delle mie idee. Questa è stata una buona settimana, addolcita da parole inaspettate e profumata di vento. E' una serata conosciuta e per questo leggera: dormirò bene. Parole e musica i doni per i miei giorni. Aspetterò.
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