Il nido

Un nido tra i rami ancora spogli.
Mi sento un po' così: come se il vento potesse portarmi via; come se gli sguardi potessero vedere oltre quello che vedo nello specchio; come se non ci fosse più un posto sicuro e mio.
Cambiano le fatiche. Speravo di alleggerirle. Cambiano e restano.
Quando cerco trovo. Devo ricordarmi di non cercare. Trovare fa quasi sempre male.
A volte so quello che non vorrei sapere. Perché lo sento. E quando lo sento prima o poi ci vado a sbattere. Dovrei ricordarmi di non sentire.
Tocco la mia inutilità. Il mio non esserci è meglio della presenza che impongo.
Aspetto parole che non ascolterò. Non bastano i gesti lasciati cadere come fossero normali. Non basta il passare dei giorni.
Fuori la primavera si lascia annusare.
Amo la luce della sera, che sembra non voler cedere il passo al buio.
Amo il mattino presto, l'aria ancora fredda che promette tepore.
Amo i contorni nitidi e i cieli che sospendono il respiro per lo stupore di tanta bellezza.
Leggo. E cerco nelle parole che altri hanno scritto per me, le parole che non sento, gli affetti che non avrò.
Perché è la banalità di un bene piccolo e quotidiano, scontato e ripetuto ma detto, pronunciato, dichiarato, che mi manca. Tanto.





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