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Visualizzazione dei post da maggio, 2016

Silenzio

Impossibile non scegliere il silenzio. La voce viene fraintesa, la parole non ascoltate. Impossibile restare davvero in silenzio. Ci sono le frasi di convivenza minima indispensabili. Ci sono pensieri che non possono tacere. Impossibile sentire il silenzio come la scelta giusta. Troppi silenzi hanno ferito più delle parole sbagliate. E però scelgo di provare a tacere. Perché non so dire. Sbaglio comunque. Forse allora il silenzio è l'errore meno pericoloso. Non so nulla. Solo il grigio che mi impedisce il sogno lento e il sonno libero da pensieri. Non so come muovere i miei passi, dove orientare il mio andare. Ascolto, e diventano carne, parole che tagliano. E le sento ripetere dalla voce di chi non sa nemmeno quanto possono ferire. Ascolto, e diventa carne, il silenzio che s'illude di lasciar correre, di risolvere. Non voglio dire. Non voglio ascoltare. Occupo il mio tempo di gesti superflui. Occupo il mio tempo di attimi superflui. In attesa che arrivi sera;

...i miei sogni defluiti come acqua...

"Tutti i miei castelli d’aria si sono sciolti come neve, tutti i miei sogni defluiti come acqua, di tutto ciò che ho amato mi rimane un cielo azzurro e qualche pallida stella. Il vento si muove piano tra gli alberi. Il vuoto riposa. L’acqua è silenziosa. Il vecchio abete sta sveglio e pensa alla nuvola bianca baciata in sogno." Rubo le parole di Edith Södergran, perché non ci fosse la poesia non saprei cosa dire. Di questi anni così privi di ossigeno se non in rari momenti regalati e subito persi. Di questi anni in cui mi sembra di non saper dire, non sapere vedere, non sapere quali gesti compiere. Di questi anni in cui forse dico troppo, vedo troppo, mi muovo troppo. Ho il cuore gonfio di desideri che non so mettere da parte né realizzare. La mia zavorra che impedisce a questo giorno di scivolare senza peso tra i miei confusi pensieri e tra i miei inutili gesti. Chiudere gli occhi per il troppo sole. E dormire. Fino al prossimo maggio. O anche più in là.

...ma tu partivi sempre la sera prima del mio arrivo

"A  cosa mi è servito correre per tutto il mondo, trascinare, di città in città, un amore che pesava più di mille valigie; mostrare a mille uomini il tuo nome scritto in mille alfabeti e un’immagine del tuo volto che io giudicavo felice? A cosa mi è servito respingere questi mille uomini, e gli altri mille che fecero di tutto perché mi fermassi, mille volte pettinando le pieghe del mio vestito stanco di viaggi, o dicendo il tuo nome così bello in mille lingue che io mai avrei compreso? Perché era solo dietro a te che correvo il mondo, era con la tua voce nelle mie orecchie che io trascinavo il fardello dell’amore di città in città, il tuo nome sulle mie labbra di città in città, il tuo volto nei miei occhi durante tutto il viaggio, ma tu partivi sempre la sera prima del mio arrivo." (Maria di Rosario Pedreira)

Con il sole negli occhi

Imparare a camminare con passo lieve. Per andarsene con soave leggerezza. Imparare il respiro sereno. Per andarsene con un sospiro di dolcezza. Imparare il battere lento del cuore. Per andarsene come danzando su un rigo di musica nuova. E in tutto questo una mano a chiudere gli occhi, accarezzare la fronte. E due labbra a baciare la pelle morbida di chi può finalmente riposare. La morte s'impara vivendo?

Pensieri come sempre confusi. E il silenzio

In questo maggio che sembra novembre, sono tornate le colombe. Come ogni anno provano a fare il nido lì dove il nido proprio non ci sta. Tutta la mattina lavorano senza sosta (il pomeriggio chissà dove vanno...). Lui avanti e indietro cercando di trovare posto sicuro ai ramoscelli che porta nel becco; lei a guardarsi intorno, proprio come se riuscisse già a vederlo il nido che lui le costruirà. Ogni anno falliscono nell'impresa: lì, tra il tetto e la tenda, lo spazio non basta. Cosa li fa insistere, anno dopo anno, prima di comprendere e andare altrove? Cosa ci fa insistere ad amare spazi che non abbiamo, luoghi che non ci appartengono, progetti che non compiremo? Leggo che le non scelte determinano la nostra infelicità, la colpa della quale, quindi, è solo nostra. Cosa ci impedisce di scegliere, di compiere il passo che sappiamo, di chiudere una porta e prendere la strada? Giorni senza luce. Sarà questo improbabile cielo novembrino. Saranno i gesti mancati che disegnano i