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Visualizzazione dei post da giugno, 2013

Tempo

E si ricevono doni. Basta saperli cogliere. Si ricevono carezze che si posano sul cuore, mettono radici per crescere, fioriscono. Ci si scopre a sorridere per un nulla pronunciato come per caso e il momento dopo gli occhi si velano ancora, per ancora, poco dopo, sorridere. Si attendono giorni senza sapere cosa si desidera. Si prendono treni, strade, pagine di libri. Si riempiono fogli, sparsi e subito persi, di pensieri confusi. Per questo si vive e di molto altro ancora che non so dire, che sento, che sbaglio, che voglio. Il cielo che prima era di nuvole basse ora si è aperto al sole e all'azzurro. Mi aprirò anch'io, un giorno.

Silenzi

Che poi. Se si apre un po' il nostro cuore, è proprio perchè si desidera un abbraccio. E se non lo si riceve, si rischia di non chiederlo nemmeno più... E se non chiedendolo più si smettesse anche di desiderarlo? O forse no. Forse bisogna imparare a tenere le braccia aperte e il cuore attento, pronto a riceverlo quell'abbraccio e a non perdelo mai.

Se non ci fosse la poesia...

Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo. Ti lascio il sole che lasciò mio padre a me. Le stelle brilleranno uguali, e uguali t’indurranno le notti a dolce sonno, il mare t’empirà di sogni. Ti lascio il mio sorriso amareggiato: fanne scialo, ma non tradirmi. Il mondo è povero oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo ed è rimasto povero. Diventa ricco tu guadagnando l’amore del mondo. Ti lascio la mia lotta incompiuta e l’arma con la canna arroventata. Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno. Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena vinta nelle battaglie del mio tempo. E ricorda. Quest’ordine ti lascio. Ricordare vuol dire non morire. Non dire mai che sono stato indegno, che disperazione m’ha portato avanti e son rimasto indietro, al di qua della trincea. Ho gridato, gridato mille e mille volte no, ma soffiava un gran vento, e pioggia, e grandine: hanno sepolto la mia voce. Ti lascio la mia storia vergata con la mano d’una qualche speranza. A te finirla

Capita

Capita che un mese sia passato e che il giorno sia un giorno di silenzio e vento e cielo terso. Capita che la casa sia in ordine, che non ci siano scarpe in giro, nessun giornaletto, nessun cavo. Capita di lanciare segnali che non vengono raccolti e cercare tracce che non si lasciano trovare. Capita di sorridere di questo silenzio, degli orari che possono non essere considerati. Capita che gli occhi si riposino guardando un divano con tutti i cuscini al loro posto. Capita che ogni tanto la tristezza prenda ancora il sopravvento, che gli occhi si velino nel momento di fare il gesto sbagliato e così trovare qualcosa che misura il peso di questo mese passato. Capita di voler svuotare la soffitta e regalare tutto e provare così a cancellarlo davvero il sogno, lasciando solo l'inevitabile cicatrice. E capita di sentire la struggente nostalgia per una ragazzina misteriosa, per il profumo di un sonno abitato da sogni incredibilmente raccontati al mattino, per i rumori di passi scal

Più

E poi c'è il mio corpo testardo. Anche più di me. Che mi costringe a sentirlo, a viverlo e a vivere. Oltre la mia volontà. E ha aspettato il primo giorno d'estate, una giornata di caldo bello dopo l'afa dei giorni scorsi, per dirmi che ho perso, che è più forte di ogni mio pensiero, di ogni mia supplica. Non c'è la mia resa. C'è, forse, rassegnazione a qualcosa di più grande. Che non amo, che non voglio, che non mi appartiene. Più.

Tutto quello che resta

Tutto quello che resta, del mio sogno appena sfiorato, sono due righe su un foglio di ospedale. Tutto quello che porto nel cuore, come sigillo sulla pelle, nei pensieri che non sanno farsi leggeri, qualcuno lo ha tradotto in due righe che non dicono nulla. Nulla della sorpresa incredula, della gioia tremante, dei silenzi, dell'attesa felice e condivisa. Nulla della consapevolezza prima della certezza. Nulla del dolore, del sangue, delle lacrime, della tristezza che è venuta ad abitare in me e sembra trovarcisi proprio bene. Nulla del rumore dei sogni che si infrangono nel silenzio.

Vent'anni

Mi mordo il labbro e sento i miei vent'anni. E' un attimo. Poi scosto i capelli dagli occhi. Sono di nuovo qui.

Sabato

E poi, all'improvviso, una foto e un viso tra tanti. Lo stesso freddo che avevo sentito davanti al quadro di Hopper. Tengo gli occhi ben aperti, perchè se li chiudo temo capirei. Cancello i pensieri, mi concentro sul sole di stamattina a scaldarmi la schiena. Non penso. Non sento. Non penso.

Non reggo i sogni

Ho scritto "non voglio sognare più. non reggo i sogni" E poi mi sono fatta paura da sola. E' lì che nasce la mia fatica, tutto il dolore di questi giorni, di quello passato e non dimenticato. E' lì. Nell'incapacità di non credere ai miracoli. E non è che si possa decidere in un momento di non crederci più, ma si può decidere di non ascoltarli. Ecco. Devo diventare sorda. Ecco. Devo cancellare una parte dei miei pensieri e coprirli, soffocarli, con altro. Con piccoli, minuscoli, gesti quotidiani. Come comperare una vecchia scatola di latta. Magari per chiuderci dentro sogni e desideri. E perdere la chiave che nemmeno c'è.

Se non ci fosse la poesia...

Le mie mani mantengono stelle Le mie mani mantengono stelle, Afferro la mia anima perché non si spezzi La melodia che va di fiore in fiore, Strappo il mare dal mare e lo pongo in me E il battere del mio cuore sostiene il ritmo delle cose. (Sophia de Mello Breyner Andresen )

Aspetto

Aspetto arrivi quel giorno. E di quel giorno attendo la sera, quando mi addormenterò senza un pensiero. Allora il mattino dopo, bevendo il mio caffè, me ne accorgerò. Allora, solo allora, il pensiero sarà dolce. Quando mi accorgerò di non aver pensato, di non aver sentito quel nodo in gola; quando avrò chiuso gli occhi e trovato solo buio, quando le lacrime non saranno state ingoiate. Oggi quel giorno sembra lontano e incerto. Ci sono risate, oggi, arrabbiature, mani da stringere per fare pace. C'è cibo buono, oggi, ci sono libri belli che attendono di essere aperti; c'è la biancheria stirata da riporre, la tavola da apparecchiare per la colazione di domani. C'è la mia poltrona per perdersi. E c'è questo magone che divora e non abbandona. E c'è questa tristezza che non lascia pace e toglie ogni desiderio di comunicare. Aspetto quel giorno. Senza sapere se ci sarà.