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Visualizzazione dei post da gennaio, 2012

Questo posto, io lo conosco

Era una foschia fredda e lenta rappresa intorno al sole, appesa al piccolo sole bianco, e la terra abbandonata, sola, e un grande uccello gracchiava rauco dalla garzaia mentre il ragazzo andava sotto i faggi lo sguardo su frammenti bluastri di conchiglie e l’umido dei cumuli di foglie che si sfanno. ( Kenneth White, Camminata mattutina)

Attesa

Da qualche giorno ormai sono ferma qui. Con la mia valigia leggera e i miei troppi pensieri. Ogni mattino apro le imposte sul questo nulla fatto di sole e aria sottile. Sento il freddo e me lo porto addosso tutto fino a sera. Ho necessità di un abbraccio per addormentarmi, e se non lo trovo, lo prendo. Si è placato il vento che mi portava il tuo profumo. Ma quello mi si è appiccicato addosso il primo giorno che ti ho visto. Quanto tempo è passato? Un mattino aprirò le imposte e il cielo sarà cambiato. Sarà la pioggia a portarti.

Un bacio

Cado tra le parole, nelle pagine di una storia, nelle strofe di una canzone che non so cantare. Non ancora. Inciampo, cado e mi perdo. Forse è questo il mio altrove.

Come sto

A volte bene, a volte sono quasi felice. A volte arrabbiata e rancorosa, altre triste oltre misura. Piango spesso sotto la doccia. Parlo tra me e me per sfogare la rabbia che non riesco a dire. Ho notato che canto meno di un tempo. Rido voltentieri ogni volta che posso. E le occasioni per ridere le puoi trovare, quando vuoi. Mi sento sola da sempre. E non mi ci abituerò mai. Ho sogni da sempre. E me li tengo cari. Cerco di vivere il presente con ottimismo, di contagiarlo un po' ai miei bimbi. Provo ad accoglierti e a dire Si' a noi ogni giorno. Provo ad amarmi o, almeno, a volermi un po' più bene. Vorrei imparare a stimarmi. Penso di non essere ansiosa e a volte mi sembra un po' una colpa. Ho troppi sensi di colpa. Cammino su un filo. Ma ho le braccia ben aperte.

Gennaio

La polvere ha in una notte lasciato il posto al gelo. Tutto è fermo, immobile. Tutto è divenuto sottile. E fragile. Mi stringo nella mia sciarpa troppo leggera. Mi scaldo nei miei sogni troppo affollati. E resto qui ancora un po'. Seduta sulla mia valigia quasi vuota, sui miei pensieri sempre confusi.

Desiderata

Mi chiedo se davvero voglio ritrovarti. Se ho davvero voglia di continuare a cercarti. Di vedere ancora le tue spalle larghe, di sentire ancora i tuoi capelli fra le mie dita. Mi chiedo se riuscirò a non chiederti perché. Mi chiedo se avrò voglia di ascoltare la tua voce. O il tuo silenzio. Sono qui, in questo niente di polvere e vento. Alzati tu. Vienimi a cercare.

(Lui)

(Confido in me fin dall’inizio – Per chi non ha niente, non è che costi molto; ad ogni modo non più che all’animale, che se ne va per sempre. Pur avendo paura ho retto al mio posto – son nato mi sono messo insieme e mi sono distinto. Ho anche pagato, secondo il dovuto e a chi mi ha dato gratis, l’ho ripagato con l’amore. Se donna si è intrattenuta con me per darmi ad intendere davvero io l’ho creduta – e si contenti! Ho lucidato navi, ho impanato la gramigna, tra signori intelligenti ho fatto il finto tonto. Ho smerciato semi di girasole, pane, libri giornali, versi – quel che al momento era più facile. Non in lotte trionfali, né col cappio al collo, avrò fine in un letto, come spero a volte. Come che sia, ormai l’inventario è pronto. Ho vissuto – e di ciò sono morti altri.) -L’inventario è pronto (Attila József)-

Se non ci fosse la poesia...

Guardi te stessa. Ed anche chi ti guarda. Uno spettro sul muro del giardino. Uno è lo spettro e l’altra, sì, sei tu – sempre che entrambi esistiate davvero. Che strano esser qualcuno dietro un volto, avere un nome e sapere che è il tuo, trovarsi in questo angolo di verde. Una chiocciola osservi: avanza e sosta. Tu stai seduta, e ti domandi quieta fino a quando. Ti muovi? No, rimani. Ignoto è il tessitore dell’ordito. Scivola via un minuto dopo l’altro. ( Wendy Cope)

Polvere

Vorrei fermare questo treno lento. E scendere qui. Nel nulla. Guardarmi intorno e non vedere altro che la polvere a impedire di tenere aperti gli occhi. Sedermi sulla mia borsa leggera, sui miei pensieri pesanti e restare così. Restare nella luce che diventa buio e ancora luce. Senza peso, strade da seguire, gesti. Restare lì. Nel nulla che diventa mondo. Senza aspettare nulla. Senza sete. Senza fame. Senza parole. Fino a diventare polvere.

Un sogno. E che sia buono

Nel dondolio lento cerco il sonno e un sogno che sia buono. Lascio il peso alle palpebre perché possano chiudersi. Lascio il respiro a seguire il cuore perché possa trovarti. Non dormo sola. Da quando sei partito, ti dormo dentro. Il mio respiro respira col tuo. La curva del mio corpo nel tuo. Intrecciati in un altrove che sarà presto braccia e gambe e mani. Intrecciati in un bacio che presto troverà labbra. O è proprio questo non aversi a consentire di non perderci?
Perché non hai lasciato briciole del tuo passaggio e mi fai camminare tanto? Perché ti sento nel vento che mi spinge a non fermare il passo? Perché questi miei piedi non si stancano? Perché non so tornare indietro? La signora che mi siede accanto prova a sbirciare il mio taccuino. Ha compreso che parlo con te ed è curiosa dei miei capelli scomposti, delle mie pagine fitte e scritte a matita. Fossi grafite io, sarebbe facile, per me, cancellarmi. Tu, invece, sei graffio che resta.

(Lui)

(Lei non lo sa. Che sono seduto nel vento perché il suo profumo possa arrivare fino a me. Che sono seduto nel vento perché i miei pensieri possano volare fino a lei. Lei non lo sa, ma mi sente sulla pelle. E i suoi passi si fanno meno incerti. La vedo. Si ferma. Posa la borsa. Raccoglie i capelli che non vogliono saperne di stare fermi. Si ferma e respira. E respira me. Mi sente: le entro dentro. Come aria fredda e cielo terso. E io, seduto nel vento, sento il suo respiro. Chiudo gli occhi. Sorrido. Ti aspetto, vieni presto.)