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Finito

Ultimo post dell'anno. Nessun bilancio nessun proposito. Anno da dimenticare. In fretta, grazie. Capita però anche a chi non riesce più tanto a parlare, a chi si sente imbottito da ovatta, a chi vorrebbe la capacità di accogliere i prossimi giorni con un desiderio che proprio non sente, di avere un desiderio per l'anno che arriverà. Forse sbaglio ancora una volta. Vorrei un abbraccio forte fino a togliermi il fiato, che mi faccia dimenticare perché mi sento così triste. Vorrei un abbraccio da respirare, profumato, tanto stretto da farmi passare la paura. Ecco. La verità, triste, tristissima, è che non ho attese, e che se qualche attesa si affaccia ai miei pensieri, viene subito ricacciata indietro. La verità è che vorrei addormentarmi per risvegliarmi a primavera.

Mi capita. Forse.

Mi capita di pensare che potrei smettere di parlare. Mi capita di pensare che potrei tacere sempre. Per sempre. Vorrei poter dire altrettanto dei pensieri che, invece, non tacciono mai. Ma chissà, forse perdendo le parole perderei anche i pensieri. Mi capita di sentire le mie labbra incapaci di prendere una piega sorridente. E mi capita di sorprendermi per la fatica di trovarla, quella piega. In questi giorni di ovatta da aspirina, giorni di mancata gioia che rimpiangerò. In questi giorni di attesa per altri giorni che non desidero e che poi vivrò, magari trovandone anche il sorriso. In questi giorni di cuore pesante come macigno. In questi giorni ho voglia di piangere. Ma sarebbe un pianto senza consolazione. E non mi ci abbandono. Forse.
Vorrei saper splancare braccia e cuore e lasciarmi andare a volare. Non ci riesco. E forse per la prima volta non so se voglio riuscirci. Ho toccato l'amore, l'ho abbracciato, l'ho consolato. Ne ho visto il sorriso e la fatica e la gioia entusiasta. E io dov'ero in tutto questo? Mai Natale è stato lasciato così solo. E' colpa mia. Ma non mi sento in colpa. E ho paura.
Il Natale non è arrivato. Arriverà? Mi lascerò trovare se decidesse di venirmi a cercare? Oggi è già domani. E non sento bussare alla mia porta.

Attese

Un po', nei Maya, avevo sperato... Perché se era destino di tutti, non ce ne saremmo accorti. Sarebbe stato finalmente possibile riposare: i pensieri, soprattutto. E poi anche questa rabbiolina che non si scioglie innaffiata com'è da giorni che vorrei non aver attraversato ne' attraversare ancora come invece devo fare. Ma dev'essere questo il mio destino: aspettare ciò che non arriva. La neve. Una tasca già calda per infilarci la mano. Un bambino. Braccia spalancate senza parole. La carezza che cura. Tempo leggero. Assenza di pensieri. Non che non sia consapevole di ciò che mi viene donato. Il profumo di un sonno bambino, gli abbracci rotondi e le risate un po' sceme. Il tentativo di capirmi. L'amore. Un po', nei Maya, avevo sperato. Mi sono sbagliata. Forse.
Doso le parole, misuro i gesti. Provo a tenere al caldo le forze che oggi sono scosse da brividi e guance accaldate. Provo a perdermi nel cielo quando si fa chiaro, al mattino. Nei contorni delle montagne. Una sottile ragnatela mi trattiene e mai avrei pensato sarebbe stata tanto resistente.

Se non ci fossero le parole per caso

"Ridi sempre, ridi, fatti credere pazzo, ma mai triste. Ridi anche se ti sta crollando il mondo addosso, continua a sorridere. Ci son persone che vivono per il tuo sorriso e altre che rosicheranno quando capiranno di non essere riuscite a spegnerlo." (R.Benigni) Lo prendo come l'incoraggiamento che non so trovare da sola. Ogni volta mi stupisco di come s'inciampi nelle parole. O di come siano le parole a venirci addosso. Ci sono il sole, un cielo bellissimo, il profumo del Natale. E gli angoli della mia bocca restano immobili, le parole tacciono. Anche nei pensieri. Indosso la mia maschera e vado.

Domani come oggi

Non è caduta la neve. Si è sciolto il desiderio. Non aspetto più. Non aspetto la neve. Non aspetto una mano. Non aspetto un miracolo, seppure minuscolo. Sono vuota di tutto. Oppure piena di un urlo che non so finire. Mi alzo.

Aspetto la neve

Aspetto la neve. A coprirmi, ad abbagliare gli occhi. Dove vivo la neve è illusione. Un desiderio sfiorato e svanito prima di viverlo. Aspetto le neve. E un piccolo miracolo. Una mano a tirarmi fuori da questa pozza nera. Solo la neve può.

Per fortuna

E poi questo sole a stridere con il mio sorriso un po' forzato. E poi chiudere gli occhi e risentire la musica che ha riempito un pomeriggio umido e buio. E poi i pensieri che si nascondo sotto un tappeto, come nelle peggiori pulizie. E poi  stracciare tutti gli elenchi di cose da fare. E poi gli scatoloni che potrebbero aver infranto una magia prima del tempo. E poi il freddo intenso a congelare una piccola fitta proprio qui. Per fortuna, il freddo.

Vegliare

"... sai che tutto, tutto si forma e splende nell’aperto, nell’alto, o per stipati piccoli inizi si consuma un sole." ( R.Rossi Precerutti)   Ripeto ad Alice di aver cura dei suoi sogni, di non rinunciarvi mai, di pensarli tra i suoi beni più preziosi. Le ripeto che ancor più del loro avverarsi è, forse, importante la strada che si sceglie di percorrere per realizzarli. Le dico che scegliere quella strada è libertà e impegno. Lo ripeto a questa ragazzina che a volte mi somiglia in modo preoccupante. Stamattina un pensiero. Le sto insegnando a soffrire?

Penso

Sempre, quando la pioggia e il buio lasciano posto a cieli come quello di oggi, mi torna in mente Rodari: "Dopo la pioggia viene il sereno, brilla in cielo l'arcobaleno..." La cantavamo con i bimbi e sembra passata un'eternità. Penso alla pioggia che mi porto dentro, alla fatica nel trovare un arcobaleno che sappia resistere. Penso alle mie braccia spalancate per tenere l'equilibrio su questo filo sospeso. E alle piccole gioie che, concentradomi sul non cadere, rischio di perdermi. Oggi la mattina e' stata lieve. Accarezzo allora il mio buon sentire e vado a condividerlo con chi tenta di comprendere le mie nuvole. Penso poi alla strada da fare che sembra troppa, che sembra non finire mai. E alle mie scarpe nuove fino a poco tempo fa. E mi chiedo se gliela faranno. Penso all'acqua che insegue i miei sogni e che mi lascia esausta. E al cioccolato. Che coccola le mie labbra. E anche a te.

Senza possibilità di andare

Sento ogni parte del mio volto, immobile in un'espressione di stanchezza brutta. Sento l'incapacità delle labbra di sollevarsi a sorriso. Sento gli occhi che temono il buio che precede il sonno e resistono alla pesantezza gonfia delle palpebre. Piove. Da ore, ormai. Sento i miei pensieri calpestati, la mia incapacità ingigantire. Sento la consapevolezza che è quello che ho costruito o, forse, che non ho costruito. Stanca di un'inutile fatica, recito a memoria il risario dei momenti mancati. E non sento più quell'altrove che mi dava ossigeno sempre per un passo ancora, per un passo in più. Come se camminassi a vuoto, in cerchio, senza una partenza e senza un arrivo. Ieri notte dicevo di sentirmi in un buco. E di pensare che non c'è via d'uscita, da questo buco. Posso solo venirne espulsa. In ogni caso farà male. Rivoglio il mio altrove, il mio ostinato ottimismo e Macabea. Rivoglio la mia fantasia, i miei desideri e i miei sogni. E me.

Via

E quando una stanza in cui rifugiarsi o dichiarare guerra non c'è? Quando non ci sono pareti nemmeno da inventare? Quando si ascoltano storie di fughe metaforiche e si vorrebbe una fuga vera, ma capace di portarsi dietro la piccola parte di questo mondo che sta nel mio cuore? Quando si vorrebbe un sonno senza sveglia, senza tempo, pieno solo di vuoto da riempire di luce e gesti lenti? Quand'è così si passa un pomeriggio al primo concorso di danza di una ragazzina emozionata, si ripete la promessa dei lupetti, si bisbiglia un desiderio di vacanza, si pensa all'eventualità di un nuovo cambio di quotidinità. Quand'è così non si riescono a leggere che poche pagine, si sogna di nuotare in una piscina improvvisamente senz'acqua, in attesa di capirne il motivo; ci si muove, perché a fermarsi si può scoprire di non essere abbastanza forti. E di avere paura che nulla cambi.

Gnibbom

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La rabbia ti si appiccica addosso, non ti lascia, morde allo stomaco e al cervello. Consuma i pensieri e rende spigolosi i gesti. La rabbia quando sale piano, arriva a possedere i tuoi giorni e il tuo tempo. Mi sta accadendo. E non mi appartiene. Non mi appartiene questa inutile guerra di trincea che non voglio combattere. Cambio stanza. E se questo vuol dire dichiarare guerra, almeno che sia a viso scoperto. E per fortuna che c'è la poesia... Vieni! I tuoi occhi sono cieli stellati. I capelli il velo crepuscolare della tarda sera, i tuoi capelli! Il tuo respiro – fresco, di fanciulla, è il fresco alito del sud che dà vita, uno zefiro addormentato in mezzo ai fiori. Vieni, morta e fredda è la giornata. In questa notte di luna, coi capelli sciolti, china

Una stanza tutta per te

Non ho porte da aprire su quattro pareti tutte per te. Posso inventarti un angolino, due scaffali da riempire di libri e speranze. Posso prendere per mano il tuo desiderio perché non svanisca. Posso inventarti quattro pareti che non ci sono. E i tuoi muri, senza mattoni, tu li puoi colorare di sogni e fantasia. (C'era così tanta gioia nella tua voce, così tanto amore nel tentativo di F di accontentarti...Così tanta gioia per una così piccola cosa che il mio cuore stasera vorrebbe essere la stanza che vorresti per te...)

Corro

Il tempo del presente è fatto di corse senza fine che sembrano al rallentatore. Non hanno la soddisfazione del respiro veloce e a pieni polmoni di quando si arriva, perchè sembra non si debba arrivare mai. Allora sarebbe il caso di alleggerire la corsa. Di lasciar cadere ciò che la rallenta. Se riuscirò a correre scalza, vestita di poco, magari per mano a qualcuno che corre appena più veloce di me e accanto a qualcun altro di appena poco più lento, allora, magari, un giorno la corsa finirà. Oppure potrebbe iniziare a piacermi, questa corsa. Il tempo del futuro non ho abbastanza fiato per immaginarlo. Per ora. Mi sto allenando.
La difesa impossibile da superare: non sentire, non vedere, non cogliere.

"Ho paura di vivere in qualsiasi posto, se non nell'illusione"

La tisana che prova a scaldare le mie mani profuma di fiori d'ibisco. Sarà per il colore, ma mi fido. Troppo presa dai giorni, mi dimentico di sedere e perdermi nelle volute dei mie pensieri che a volte credo ordinati, visto che non ho il tempo per confonderli. Eppure sempre più ho la sensazione che sia questo il "tempo perso". Questo non riuscire a fermarsi e invece correre, correre sempre non avendo neppure la possibilità di dimenticarne la ragione. Cito a memoria, con possibilità di errore, la frase del libro chiuso da poco. Leonard Cohen, Il gioco preferito. Un libro di frammenti, come la memoria. Un libro di frammenti disordinati come tanti pensieri che si accavallano e non si confondono. Forse il vero unico limite del romanzo è l'ingombrante presenza del suo autore, l'inevitabile sovrapposizione di Lawrence e Leonard. Per il resto sono pagine che si leggono con gli occhi chiusi perchè le parole sembrano immagini. E poi. L'amore come formazione

Benarrivata

Impossibile fingere. Impossibile non pensarci. Impossibile condividere il momento in cui il cuore sembra fermarsi. Impossibile sorridere alla propria incapacità che ferisce sempre. Impossibile non ricordare il profumo, non ritrovare tra le mani la morbidezza della piccola curva. Impossibile guarire da questo rimpianto, da tanta nostalgia, da un po' di rancore. Possibile convivere con una danza di sassolini nel cuore? Possibile fermarli? Possibile non sentire più così male, ogni volta?

Sorridere sempre

Nessuno è indispensabile. Nessuno ha il monopolio del sapere. Nessuno è insostituibile. Com'è possibile che un cielo così azzurro e leggero non renda tutti pochino più disponibili? Com'è possibile che il contagio arrivi quasi sempre dall'ostilità e più difficilmente dalla gentilezza? E perché mi prende questo fremito dentro quando vorrei mordere e invece sfodero una mitezza che spero venga almeno raccolta come arma di resistenza?

Dove sono?

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E' come se non ci fossero più il tempo e lo spazio necessari. Come se un vento avesse spazzato il mio cuore e lo avesse lasciato vuoto di pensieri. Mi sembra di barcollare, di camminare a occhi chiusi, le braccia protese, le mani aperte a cercare di evitare scontri. Invece vorrei essere toccata, scossa; vorrei inciampare, cadere, rialzarmi. Non è concesso. Il reale ha preso il sopravvento e mi sento persa. Persa in un me stesso che non riconosco. Manca una parte grande di me, di cui sento nostalgia. Dove sono?

Ferma

Se non ci fosse tanto da camminare, mi fermerei e lascerei andare i pensieri dove vogliono. O in nessun posto. Se non posso fermarmi, se non ho modo di dare aria abbastanza ai miei confusi pensieri, rischio di perdermi e di accorgermene un attimo troppo tardi per porvi rimedio senza dolore. E' capitato già. Persa e mai più completamente ritrovata, la parte di me che ancorata all'altrove dà equilibrio al qui. Sono cresciuta? E poi la canzone che continua a seguirmi. Perché se è "nei gesti di ogni giorno", se è lì che ci si perde, dove ci si può ritrovare? E cosa c'è al di fuori di questo amore che "è tutto lì"?

Se non ci fosse la poesia...

A cosa mi è servito correre per tutto il mondo, trascinare, di città in città, un amore che pesava più di mille valigie; mostrare a mille uomini il tuo nome scritto in mille alfabeti e un’immagine del tuo volto che io giudicavo felice? A cosa mi è servito respingere questi mille uomini, e gli altri mille che fecero di tutto perché mi fermassi, mille volte pettinando le pieghe del mio vestito stanco di viaggi, o dicendo il tuo nome così bello in mille lingue che io mai avrei compreso? Perché era solo dietro a te che correvo il mondo, era con la tua voce nelle mie orecchie che io trascinavo il fardello dell’amore di città in città, il tuo nome sulle mie labbra di città in città, il tuo

Sola

La solitudine che mi leva il respiro da sempre al solo pensiero, è qui che rindonda più forte. O la notte, quando i pensieri si fanno lucidi come gli occhi stanchi. O guardando foto di gente sconosciuta che sembra felice. Sembra. Appunto. A volte mi basterebbe il sembrare. A volte, invece, non bastano un cielo bellissimo, una voce amata, il calore di un abbraccio. Il più delle volte è richiesto uno sforzo costante, continuo, puntiglioso, per ricordarsi che si cammina insieme, che insieme si contano giorni, mesi, anni. Vita. Che il sembrare può essere più vuoto della solitudine più sola. Ho paura. Soprattutto che la paura non passi.

Quello che vorrei

Quello che vorrei, stasera non lo so dire. Forse è questo nodo che non si scioglie, a non farmi trovare le parole e neppure i pensieri. Quello che vorrei, forse, è dormire. Tanto a lungo da dimenticare chi sono e dove mi trovo. Quello che vorrei è un cielo senza paure. Quello che vorrei, è che l'altrove fosse qui.

Ultimo passo

Ho accarezzato la fronte. Ho bagnato labbra che cercavano aria. Ho contato i secondi tra un respiro e l'altro. Ho tenuto la mano nella mia. E ho visto il cuore rallentare, mentre il mio accelerava, il colore svanire. Il respiro si è fermato. Ho fatto un po' di strada con te, poi hai proseguito sola. Sei la prima che la mia mano ha accompagnato fino a lì, ed è come se mi avessi aperto una porta. Se prima di chiuderli, i tuoi occhi mi hanno vista, spero abbiano compreso il dono grande che mi hai fatto. Una parte di te era già partita da tempo. Oggi hai solo completato il viaggio, ma mancherai. Tanto

"La moglie del senatore" S.Miller

"Non è forse tutto qui il matrimonio? Starci dentro e intanto trovare una via di fuga?" Questo è quello che dice Delia, ma io non credo sia quello che vive. Lei esce dal suo matrimonio, in punta di piedi, scivolando per non cadere. E in questo modo protegge l'inevitabilità del suo amore per Tom. E lui cosa fa? Lui resta, pur da lontano, perchè la sua via di fuga è sempre stata concessa. Dall'altra parte del muro, Meri e Nathan. Che si amano senza conoscersi e imparano a farlo anche guardandosi in quella sorta di specchio che sono i loro vicini. Poi c'è il bellissimo racconto della nascita. Del cambiamento del corpo, del dolore del parto, dell'estraneità e della solitudine della maternità. E c'è il bambino insieme al vecchio. Entrambi bisognosi di medesime cure. Uno per sbocciare, l'altro per appassire. Il libro pone tante domande e propone, forse, una sola risposta. Come ogni storia d'amore possa sembrare simile alle altre e come l'eq

Lascio scorrere i pensieri

La pausa per il caffè dovrebbe già essere finita, ma la mia testa pesa un po', oggi, nonostante il cielo leggerissimo che mi circonda. Capito qui, senza sapere bene dove mi trovo, che spazio sia, questo. Mi fermo a osservare il foglio bianco, il cursore che lampeggia, la consapevolezza del poco tempo e di tutti i pensieri che durante la corsa del giorno vorrebbero fermarsi qui. Ecco. Forse questo è il luogo del riposo per i miei pensieri ingarbugliati. Per le inutili quanto inevitabili fatiche quotidiane, Forse è il posto adatto per fermare un istante prezioso, poche parole che significano tanto. Come un "posso restare un po' qui con te?" mentre la mia cucina si profuma di buono. Allora la ciambella, che porta con sè il ricordo dell'infanzia, s'impasta di chiacchiere e lievita del più bello tra gli amori possibili.
Briciole. Come talismano al silenzio.

Quotidiano

Se un modo c'è, a me non è dato sapere. Forse per questo il fiato si fa spesso corto. Se un modo c'è non mi appartiene. Forse per questo inciampo e sbatto e ho il corpo segnato da mille minuscole ferite. Penso che per ringraziare bisognerebbe prima sentirsi grati. Penso che per amare non sia necessario essere amati. Penso che per condividere bisognerebbe ascoltare, prima. Avere occhi per l'oscurità, orecchie per il silenzio. Oltre le apparenze, oltre il non detto. Se un modo c'è, stasera non sono certa di volerlo scoprire. Forse domani.

Se non ci fosse la poesia...

Nei tuoi pensieri tutto il giorno, tu nei miei. Gli uccelli cantano al riparo di un albero. Al di sopra la preghiera della pioggia, un blu sterminato, non il paradiso, che non va da nessuna parte, senza fine. Perché mai le nostre vite si allontanano da noi stessi, mentre rimaniamo intrappolate nel tempo, in fila verso la morte? Sembra che nulla possa mutare lo schema dei nostri giorni , alterare la rima data da lutto in assonanza con diletto. Poi sopraggiunge l’amore come un volo lesto di uccelli dalla terra al paradiso dopo la pioggia. Un tuo bacio, rievocato, sfila, come fossero perle, questa catena di parole. Cieli immensi ci ricongiungono, unendo qui a lì. Desiderio e passione nell’aria che pensa. (

Settembre

Si ritorna. Come al solito con parole che sfuggono e pensieri ancora in vacanza. Con risvegli che si sarebbero desiderati più delicati. Con occhi ancora pieni di luce e rumore di bambini. Con la pelle che profuma, ancora per poco, di sale. Si ritorna. Provando a collegare i sogni con la veglia. Provando a dare ritmo a passi incerti. Provando a riprendere il filo di un tempo che si fatica a contare. Si ritorna. Con la sensazione di aver scordato un abbraccio, da qualche parte, e con il desiderio di tornare indietro per cercarlo. Si torna a perdersi nella poltrona logora, nei pensieri inevitabili, nei giorni che riprendono a correre veloci. Si trattiene l'indolenza di pomeriggi tra pagine fitte, tra poche chiacchiere leggere. Si trattiene il ricordo di incontri che scandiscono il passare delle stagioni, che si contanto in "estati". Si ritorna. Sparpagliati e sparpagliandosi.

"Non c'è niente che fa male così"

Chiudere un libro e avere voglia, necessità, di parlarne sapendo bene di non aver le parole. Perchè il libro è ancora sulla pelle, subito sotto, la pelle. Perchè le sue voci sono ancora quelle che ci rumoreggiano nei pensieri. Caterina. Che non si ama, che nasconde la sua bellezza. E Marco. Che non sa di poter amare. C'è il dolore: che curva le spalle e alza muri invalicabili. Il dolore più innaturale. C'è l'amore lucido e rassegnato di una moglie non amata. L'intensità di un odio che è inevitabilmente amore. E la fessura fra gli scogli. Perchè un passaggio possa restare sempre aperto. Come una possibilità. E' un libro che realizza il desiderio dell'autrice: che il suo riempire pagine, e giorni, di parole, diventasse un regalo per molti. Per me lo è stato. "Non c'è niente che fa male così" Amabile Giusti, La Tartaruga edizioni

L'estate gigante

Fermarsi in biblioteca per finire le pagine di un libro per ragazzi è il regalo che mi sono concessa ieri. Un regalo arrivato dalle mani di Alice che ha preso il libro di Beatrice Masini dagli scaffali della nostra accogliente biblioteca comunale. Nel libro ho trovato la mia lettrice preferita, il suo camminare sul filo. Ho trovato anche tanto del suo modo di riempire pagine e pagine che poi getta via e che io raccolgo, finché me lo consentirà la  sua distrazione, per conservarli nel baule dei ricordi. Nel libro ho trovato un po' di tutti noi, perché tutti abbiamo avuto, o stiamo aspettando, al nostra "estate gigante". Quella carica di attese o di sorprese; quella che ha segnato un momento che porteremo sempre con noi. Un'estate come un tatuaggio sulla pelle, fatto con nuncaranza e poi ritrovato ogni giorno, per tutti i giorni a venire. Mi sono chiesta qual e' stata la mia estate giagante. Forse l'aspetto ancora o, piu' probabilmente, è disegnata da

sms

Non so essere quella che vorresti. Non so dire le parole che vorresti ascoltare. Non so pensare i tuoi pensieri che non leggo. Non so ascoltare i tuoi silenzi. Non so capire la tristezza che ti prende in mezzo alla gente. So di essere la mancanza che senti quando non ci sono. So di essere altro, oltre alle parole che ascolti. So che mi capita, a volte, di pensare con te. E allora è bellissimo. So che mi capita di abbracciare il tuo incomprensibile silenzio e di amarlo. So che la tua tristezza a volte mi spaventa e che provo, maldestramente, a trasformarla in sorriso. Non ci riesco quanto vorrei. Ci provo sempre, amandoti come so. E come sono.

6 agosto ancora per poco

Scrivo e poi cancello. Capita spesso e ultimamente di più. Non c'è tempo neppure per i pensieri confusi che pure sono lì, bellamente aggrovigliati ai miei giorni. Non c'è tempo nonostante il silenzio che mi circonda, l'insolito ordine che sta piano piano occupando spazi mai concessi. Scrivo e poi cancello. E non voglio nessuno a dirmi come fare. E voglio ascoltare questa notte finchè gli occhi si chiuderanno soli per riaprirsi, troppo presto, nel sogno più bello

Rubo

"A volte mi riposo sognando" (A.Merini) Spero di esserne capace sempre.

Azzorre

Dopo i giorni di azzurro e vento, di finestre socchiuse, di porte lasciate aperte, dopo i giorni che riportano a tempi bambini, oggi è stata la rabbia. E mi chiedo a cosa serva il nostro muoversi in questi giorni se poi ci dimentichiamo di quanto siano pochi. Temo domani. E una nuova, inutile resistenza di cui devo imparare l'arte. Voglio andare alle Azzorre e coltivare le ortensie.

Lunedì

Rubo il tempo che non avrei per cercare parole che non trovo. Perché non sono riuscita ad ascoltare neppure le canzoni che mi fanno cantare. Perchè non riesco a domare l'ansia che mi prende all'improvviso, leggera e insistente. Perché non so niente e mi meraviglia tanto la sorpresa di chi sa. Perché mi scopro rassegnata e non vinta. Perché non mi capisco. Perché rubare il tempo che non ho è un lusso esagerato del quale dovrò rendere conto. Ma solo a me stessa. Perché mi piace il rumore delle foglie nel cielo incerto di oggi. E mi piace questo silenzio, intorno, perché dentro ho sempre pensieri troppo, troppo rumorosi.

Andare. Tornare.

Molti pensieri e nessuna parola possibile. La pelle, dopo il sole, il sale, le onde, ha nuova consistenza. La sento sotto le dita e non la riconosco come mia. I capelli sono tornati confusi e anarchici. Era ora! Molte parole lette, pagine divorate con la pigrizia dei pomeriggi estivi che sembrano non finire mai. Giorni tra parentesi e poi ancora a casa. Respiro piano. Di aria me ne servirà buona scorta.

Aria di temporale

Il cielo di oggi è tutto dentro di me. Ho barattato il mio desiderio per il tuo. E provo a traformare il baratto in desiderio.

Se non ci fosse la poesia...

"...scoprirai che il tempo è l’unica certezza, brucia i volti e incenerisce l’anima e che alla fine soltanto l’illusione del ricordo ti dirà che non fosti, in quel bacio, da solo." (L.M. Panero )  

Così

L'immagine di oggi è quella di una bandiera dimenticata al sole e al vento, con i colori sbiaditi e gli orli consumati e sfrangiati. Se dovessi disegnare la mia mattina, la disegnerei così. Perché non vi è modo di raccontare e ascoltare, oggi, le parole non dette, i silenzi di una corsa senza fiato, la fatica dei passi e del respiro. Eppure il cielo si ostina a restare di un azzurro quasi sconveniente, tanto è insistente! Come posso non sorriderne?

Estate

Sapevo che era estate quando tornando da scuola trovavo le persiane della camera abbassate e la stanza in una fresca penombra. Ricordo la luce, come filtrava tra le stecche di legno che contavo prima di alzarmi. Ricordo l'odore del sole che spingeva per entrare. Sento quella mia prima camera sulla pelle. E nello stesso momento, penso a te. Che avevi abbassato le persiane e voluto quell'illusione di fresco. Penso a te, che mi manchi sempre così tanto.

Mi siedo

Anche la possibilià di sedersi un attimo sembra un miraggio. Sono giorni che non si fermano mai, che corrono lentissimi e caldi. Troppo caldi, soprattutto. Prendo sottobraccio la fragilità di chi mi ha fatto crescere e diventare ciò che sono, nel bene e nella fatica. Prendo sottobraccio l'insicurezza, l'ansia, la consapevolezza che il tempo non torna indietro. Penso poco. Devo cesellare spostamenti, impegni, trasferimenti, visite, appuntamenti. Penso poco. E ho capito che non va bene. Ho sempre pensato fossero i troppi pensieri confusi, la mia fatica. Inizio a pensare che sono invece la mia isola dove rifugiarmi dal qui per trovare l'indispensabile altrove. Corro. Io che detesto correre. Oggi cercherò l'acqua per galleggiare senza peso; la cercehrò con una donna che cresce. Prendo per mano la sua fragilità che cerca fierezza; la sua insicurezza mentre impara a conoscersi e riconoscersi. Prendo per mano i suoi silenzi e i suoi slanci. E imparo a conoscerla con

Altrove. E qui.

Altrove è un angolo della mente, del pensiero che si colora di questo cielo chiaro e pulito, delle tante nuvole che ricordano la profondità dell'azzurro e del grigio. Altrove è una panchina già occupata in cui si vorrebbe sedere, al sole, a guardare il mondo che passa lento o veloce, distratto o curioso. Altrove è una poltrona logora, le pagine di un libro, il profumo di una merenda buona. E c'è il qui. Lungo la strada che porta a un quarto piano stanza tre; in questo ufficio abitato da pochi sorrisi e troppi mugugni; nel caffè che profuma il mio respiro, nell'acqua che porta via: la seta e, in istanti fortunati, anche i pensieri. Altrove è lo spazio che consente al qui di non dilagare, di lasciare aria e luce ai giorni che continuano a passare troppo veloci.

Il tempo di un caffè

Giorni densi. Anche di silenzio. Non c'è quasi il tempo per pensare, mi lascio portare da questo ciclone leggero e disordinato, certa che mi poserà da qualche parte, uno dei prossimi giorni. Allora mi mancheranno le corse, il tempo troppo veloce e mai abbastanza, i mille cassettini a dividere impegni, appuntamenti, scadenze. Il tempo di un caffè è tempo breve, parentesi profumata. Sarebbe bello condividere il respiro durante la corsa. Sarebbe bello trovare un sorso d'acqua. Lo sarà.
Mentre bevo il mio caffè provo a non leggere le notizie che non fanno dormire. Provo a trovare versi che diano respiro sereno. Provo a perdere la costante consapevolezza del mio essere qui, piantata con i piedi ben a terra. E mi chiedo cosa pensino gli alberi, di tutto questo movimento. Amo il cielo, quando lo vedo da qui. Lo temo, perchè troppo grande, immenso, trasparente, quando devo attraversarlo. Amo l'acqua che regala al corpo la leggerezza di non possedersi. E amo la terra che in questi giorni trema e non lascia tregua. Penso alle strade percorse tante volte, ai nomi dei paesi letti, attraversati, conosciuti da sempre e sempre dati per scontati. Penso che sono le strade verso la mia estate, verso la mia casa del cuore, verso le mie radici. Un po' siamo alberi tutti, e abbiamo radici che possono tenere la terra. Se non trema troppo...

Fine di maggio

Gli accadimenti di questa settimana che va a finire, meriterebbero parole che non ho. Meriterebbero parole il dolore, la rabbia, la paura. E dovrebbero essere parole come carezze leggere che consentono al cuore di trovare pace, almeno per un poco. Non ho parole per il mondo. Non ho parole neppure per me. Ma ho pensieri, per il mondo e per il cielo. E sono pensieri che vorrebbero abbracciare e dare tregua e respiro sereno. Ho pensieri per il mondo. Piccoli, inadeguati, pochi. Ho pensieri per me e il mio minuscolo cielo. Ingarbugliati, confusi, troppi. E un po' mi sento in colpa. Ho un silenzio più grande di me che non so abitare. Ho un silenzio dentro di me che temo di rinunciare a promunciare. Se non esistessero la poesia, le parole dette e scritte da altri anche per i miei occhi; se non esistessero i passi di chi abita questi giorni con me; le voci dei bambini, il pensare oltre, l'affetto che supera i confini...la solitudine che sentirei gelerebbe il mio cuore.
Un desiderio diventa pensiero e il pensiero diventa presenza. Si annida in fondo al cuore e resta lì e cresce e mette radici profonde. Arrivi a dare contorni e profilo, al tuo desiderio; a pensarlo come esistenza altra da te. E invece è solo nel tuo respiro, che vive. Il mio desiderio è stato nascosto, detto, ripetuto, bisbigliato. Ha trovato, a volte, voce forte; spesso la voce sbagliata. Il mio desiderio non se ne va. Forse non cresce, forse è già cresciuto. Porta un rimpianto che riempie i miei occhi quando è buio e quando l'acqua mi scorre intorno. Porta un rimprovero che non so addomesticare, riporre. Porta un dolore che la ragione non comprende e la pella invece sente. Porta la colpa del non saper sorridere come vorrei per la gioia di un'attesa, di un arrivo. Porta la fatica di allungare un dito e lasciare che una minuscola mano gli si chiuda intorno. Il mio desiderio è un vuoto che si allarga nella pancia. Che viene stuzzicato da parole apparentemente neutre,
Alcune persone accostano il nostro cammino e lasciano tracce indelebili nella nostra vita. Basta un sorriso regalato senza chiedersi il perché. La signora Antonia ha incrociato i nostri giorni per pochi istanti che resteranno con noi per sempre.

Piccole dosi

Vorrei saper raccontare le giornate appena trascorse, tra bambini che sfidano se stessi, bambini che crescono e foto e musica che lo raccontano. Vorrei lasciare traccia delle lacrime di gioia commossa e di tenerezza. Vorrei lasciare il segno di tutte le voci mischiate sotto un sole che ha iniziato a colorare visi felici e sudati e gambe troppo magre. Vorrei che il mio pensiero arrivasse in ogni cuore che stasera sfiora. Non ci riesco.

Nulla da dire

Scrivere è sempre stata la mia ancora per non soffocare nell'implosione. Ora sembro non riuscirci più. Per questo sono qui. Come una cura omeopatica. Per ripetermi che non è così. Che posso farlo ancora. Oppure sono qui per ammettere la resa, l'inutilità dello sforzo, l'inevitabilità della deriva. Forse va bene così. In silenzio. Tanto, chi ascolta?

Freddo

Avrei bisogno delle parole giuste per alleggerire i miei pensieri di oggi. Le parole giuste da pronunciare, da scrivere. E le parole giuste da ascoltare. Nulla di tutto questo. E' silenzio, oggi, che mi veste. Possono essere banalità, a ferire. E le ferite banali possono aver necessità di tempi lunghi, per guarire. Restano le pagine dei libri dove nascondersi per un po'. Il cielo troppo bello, la gioia assoluta e leggera dei bambini, una città che abbraccia il mondo. E il mio cuore che continua a sentire freddo.

Piove

Ascolto la pioggia sul tetto. Non ho più parole mie che desidero ascoltare. Ho solo desideri destinati a schiantarsi. E il silenzio di questa notte è lo schianto che mette a nudo la mia mancanza. Mia colpa, mia colpa, mia colpa. Mi trasferisco in un angolo nascosto.

Luce

Il cielo ha liberato l'orizzonte e un azzurro che acceca. I campi arati sono pronti. Gli alberi hanno lasciato cadere i petali per sostituirli con foglie ancora troppo piccole per immaginare l'ombra che placherà la prossima estate. Le finestre senza le tende lasciano entrare la luce che sembrava aver dimenticato i giorni. L'aria profuma della neve che ha sorpreso le montagne. E' un giorno bello. Da respirare a fondo.

Pulizie pasquali

Pasqua è passata. Resta il desiderio di un risveglio rallentato dal freddo di ritorno, dal cielo che non si decide a scoprire le cime. Resta la voce roca e il respiro faticoso. Resta la croce ritrovata il venerdì, e la stessa, vuota, qualche giorno dopo. Giorni di letture avide. Di inciampi tra pagine che non si riescono a chiudere. La mia sorpresa. Giorni di pensieri a capriole. Come sempre. Di sogni notturni affollati. Come sempre. Di acqua che scivola sulla pelle portando via ciò che altrove non si può mostrare. Anche Pasqua è passata. Resta il desiderio di finestre spalancate, di profumo di bucato, di sole a scaldare i muri e le ossa e a illuminare i pensieri fino a cancellarli.

Antenora

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"Tardavo a uscire dalla cappella. Stavo appoggiata allo stipite della porta semichiusa. Tra i battenti non rimaneva che un agio breve. Da fuori arrivava il vociare degli altri, già sparsi sul sagrato: consanguinei che non si vedono da tempo e rumoreggiano attorno alla sorpresa di ritrovarsi somiglianti. Era un mattino diafano d'inverno, fiacco di nubi. Eppure dalla feritoia sottile alle mie spalle la luce penetrava come un serpe a forare l'ombra, e smascehrava la pochezza di quel luogo intento. L'umido trasudava in terra dall'ammattonato e lungo le mura, cosparse di spacchi. Solo in alto la luce perdeva la crudeltà di fendente e si acquattava nella piccola volta a botte del soffitto. Lei stava lì,... ...Più tardi, uscendo dalla cappella, non l'ho baciata. Io non tocco i morti. Se penso all'interno di quel loculo, vedo un paio di vecchie scarpe, qualche rimasuglio di stoffa, una forcina per i capelli, la vera del Duce. Per il resto, non credo che Antenor

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"Se accendono le stelle – vuol dire che qualcuno ne ha bisogno? Vuol dire che è indispensabile che ogni sera al di sopra dei tetti risplenda almeno una stella?!" (Majakowskij) Mentre bevo il mio caffè insolitamente dolce leggo e penso, come spesso mi accade, che se non ci fossero i poeti non potrei resistere in questi giorni. Nulla come il giorno del proprio compleanno può risultare faticoso per il respiro. Allora mi concentro sul grazie. Per i baci piccoli e grandi che mi hanno svegliata. Per il sole e i fiori dell'albero fuori dalla mia finestra. Per chi ha sentito il mio respiro in difficoltà e mi ha teso una mano e un sorriso. Per ogni singolo giorno di quest'altro anno passato. Perchè è così che si arriva alla meta: un giorno dopo l'altro, banalmente, come i passi che innumerevoli si susseguono. Per i desideri che non so mettere da parte.

Anche marzo sta per finire...

Ieri un sorriso mite di luna per chiudere gli occhi a una giornata musicata da voci e colori di bimbi, tanti bimbi a invadere una città. Oggi il sole e il cielo trasparente. E gli alberi che esplodono di piccoli fiori e minuscole foglie. Sogni affollati come i miei giorni non saranno mai. E ancora tanti pensieri, i più diversi, che non trovano un solo filo a unirli e che mi regalano, proprio per questo, il respiro di cui ho bisogno. Stasera sarà il profumo buono di zucchero e buorro e uova. E poi arriverà martedì.
Ancora Maria, a un oceano di distanza. Ma questa Maria la vita la prende a morsi e dalla vita viene morsa. Con testardaggine lieve. Vive in una città di sole e mare, una città che ama e che racconta con l'affetto scanzonato che solo chi ama può conoscere e permettersi. Maria aspetta che sua figlia, che è solo sua, nasca oppure muoia. Ancora non lo sa, e in questo spazio bianco, in questa riga tracciata e lasciata vuota, lei riscrive la sua vita per poterla ricominciare. Maria che accoglie gli accadimenti dell'attesa con arrogante fragilità, con una vitalità che le è data dalla sua città, dal padre operaio alla Cirio, dagli allievi si una scuola media serale. Maria che legge per non lasciare che i pensieri la sorprendano. Ho letto "Lo spazio bianco", di Valeria Parrella, con un solo respiro. Per la maternità non scontata, per le tre dita della mano destra di Gaetano, per Napoli. Per i miei tanti pensieri che le pagine scritte non sempre riescono a distrarre.

Pausa caffè

Un sogno troppo affollato mi fa compagnia nella mia imperdibile pausa per il caffè. Un sogno che non avrei voluto. Troppe persone che non sono più mie compagne di strada, che forse non desidero neppure ritrovare. Forse. O forse il sogno mi ricorda la mia incapacità nel chiudere le porte, nel lasciare andare. Vorrei un sonno lungo e senza sogni. Che durasse un tempo imprecisato, ma sufficiente a risvegliarmi perduta in un giorno sconosciuto. E nuovo. Leggo tantissimo, per evitare i pensieri che mi inseguono. Per pensare a vite altre, in mondi altrove, in tempi differenti e sospesi tra pagine in cui mi perdo. E in tutto questo, il silenzio di Macabea. Che va e che viene. Che invade e sparisce. Macabea che sono io e che non mi appartiene.

The accidental woman

Ho incontrato Maria sabato pomeriggio ed è partita la mattina dopo. La sua è stata una non presenza ingombrante che ancora lascia traccia nei miei pensieri. Maria ha paura e non lo sa. O, forse, non lo capisce. Non so se la sua sia determinazione o indole. Non capisco la sua chiusura fragile e ostinata. Passa attraverso la vita come uno spettatore partecipe. Raccoglie amicizie che lascia appassire, amori che la feriscono e che decide di non vivere. Sfiora e non tocca ma viene percossa. Rassegnatamente violenta. E' l'infelicità banale, noiosa e proprio per questo così tanto, troppo, fastidiosa che mi farà ricordare il libro di Jonathan Coen, "Donna per caso", il suo primo libro, mi pare. La quarta di copertina suggerisce un sorriso nella lettura. Non l'ho trovato.

Ho

Quello che desidero è la comprensione senza parola. Quello che desidero è un abbraccio senza motivo. Da dare, più che da ricevere. Quello che desidero è accogliere. Quello che ho è incapacità di pronunciare parole comprensibili. Quello che ho è un abbraccio in cui abbandonarmi al sonno e al sogno. Quello che ho è l'accoglienza del mio piccolo mistero. Quello che ho è molto. Ed è tutto mio.

C'è

Qualcosa, nei miei ostinati desideri, mi impedisce di essere leggera come potrei. C'è qualcosa di sbagliato nei miei pensieri contorti, nelle mie lacrime soffocate, nel respiro che manca. C'è un'ingiustizia profonda nella mia incapacità di tenere tutto questo per me. C'è. C'è anche una soffitta che trabocca di un desiderio impolverato. E c'è il mio pensiero che se si ferma lassù non gliela fa a respirare. C'è il mio cuore che anche in questo momento accelera il battito. E' tutto questo esserci, il problema. Devo togliere, togliere, svuotare, creare spazio, cancellare. E diventare vecchia. Il più presto possibile.

Con la luce ancora accesa

Come sempre è il silenzio a suggerirmi di spegnere il mio giorno. E' il silenzio quasi fastidioso di stanze che silenziose non sono quasi mai. Sento il respiro di chi con me aspetterà il mattino, dei bambini nella stanza accanto. Accora una volta ne ho raccolto il profumo caldo e i sogni misteriosi. Come sempre è il silenzio a ritardare il gesto di spegnere la luce. Perché questo silenzio lenisce la mia banale fatica quotidiana. "Ringrazio. Chiedo scusa. M'impegno." Apro un libro. La luce la spegnerò.

Macabea e io

Mentre giro il sugo di funghi, mentre aspetto che la torta sia pronta. Macabea e io. Mentre preparo i prossimi giorni per rallentarne i ritmi e dare tempo al nostro respirare. Dove finisce? Dove inizio? Mescolavo l'impasto perché gli albumi lo rendessero gonfio e poi soffice. Impasto e albumi come Macabea e io. Mai davvero uno. Mai davvero due. Eppure non potrebbe esserci Macabea, questa minuscola Macabea, senza le mie dita su questi tasti. E io, senza Macabea e il suo viaggiare tra pensieri pieni di vento, non troverei respiri facili.

Arriverà primavera

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Lascio la polvere alle spalle, così come il vento che ha portato il tuo profumo. Si sarà sciolta la neve, sul vialetto; i muri sapranno di muschio e di foglie. Ci saranno i crochi a segnare la strada. E poi le imposte rosse torneranno ad aprirsi.

Se non ci fosse la poesia

Nei giorni di pioggia Ci visita l’amore. La casa possiede una memoria cieca di sole sulle braccia e la passione, arida d’erba, sulla pelle. Dobbiamo veramente abbracciarci in questa mattina grigia d’ogni nostalgia e patteggiare con la luce che comincia a disturbarci sotto le porte come un guardone nascosto che dobbiamo sopportare. Sono troppe cose. Si vede che il tempo vola indifferente, a noi estraneo che abbiamo parlato tanto della vita per giungere in tempo ai suoi occhi aperti, al suo capezzolo rosato e alla bella volta dei corpi che cercavamo insieme, impetuosamente, aprendo

Prima di dormire

"Si inginocchiò tremante vicino al letto perché era così che si pregava e disse a bassa voce, grave, triste, balbettando la sua preghiera con un po' di pudore: placami l'anima, fa che io senta la tua mano stretta alla mia, fa che io senta che la morte non esiste perché in realtà siamo già nell'eternità, fa che io senta che amare è non morire, che il dono di se stessi non significa la morte, fa che io senta un'allegria modesta e quotidiana, fa che non ti indaghi troppo, perché la risposta sarebbe misteriosa quanto la domanda, fa che ricordi che non c'è spiegazione nemmeno al perché un figlio vuole il bacio della madre, eppure lo vuole eppure il bacio è perfetto, fa che io riceva il mondo senza timore, poiché in questo mondo incomprensibile sono stata creata, e anch'io incomprensibile, e ciò vuol dire che c'è un legame tra questo mistero del mondo e il nostro, ma questo legame non ci è chiaro finché vorremo capirlo, benedicimi affinché io viva con allegri

Ceneri

Da troppo tempo il mio letto è vuoto. Da troppo tempo non mi cerchi. Anche il vento è cessato. Da troppo tempo non muovo passo verso di te. Se posso dare un nome al sentimento che conta i miei giorni, che da sempre mi accompagna, quel nome è solitudine. Mi chiedo chi l'abbia soffiato nel mio cuore, la prima volta; chi ne abbia impastato il mio pensare. Non c'è giorno ch'io non sia sola in mezzo a tanti. La mia paura più grande. La mia compagna più fedele. Lo stesso nome.

Silenzio

Nessuna parola, in questi giorni. Solo pensieri. Tanti. E sogni. Troppo affollati.

Luna piena

Il profumo buono di questa sera è quello dei tuoi pochi anni. Il profumo buono di questo giorno finito da poco è quello di parole incontrate per caso, raccolte e serbate per i tempi di silenzio. C'è un pensiero di preoccupato affetto, oggi. Di lontananza vicina. Ci sono libri che aspettano di essere aperti e uno, iniziato, che attende di essere chiuso. C'è una luna incredibile che illumina me. E te.

Per sbaglio

Nel silenzio una musica per sbaglio. Ed è la musica giusta. Sono certa che c'è neve, lì dove sei. Penso alla salita che porta alla nostra casa. E alle imposte rosse in mezzo al bianco. Solo qui la neve non si ferma. E neppure l'attesa.

Capita

E poi capita che il silenzio sembri davvero troppo. E capita di cercare inutilmente le parole per raccontarlo.

Ad alcuni piace la poesia

Ad alcuni- cioè non a tutti. E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza. Senza contare le scuole, dove è un obbligo, e i poeti stessi, ce ne saranno forse due su mille Piace - ma piace anche la pasta in brodo, piacciono i complimenti e il colore azzurro, piace una vecchia sciarpa, piace averla vinta, piace accarezzare un cane. La poesia- ma cos'è mai la poesia? Più d'una risposta incerta è stata già data in proposito. Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo come alla salvezza di un corrimano Wislawa Szymborska

Dove la neve non si ferma quasi mai

Succede che sia il bacio non dato, il più bello fra tutti. Succede che il giorno appena finito sia stato toccato da una lieve carezza. Capita di aprire una minuscola porta, di lasciare un biglietto per chiedere "posso entrare?". Capita che sia l'attesa della neve a farti cantare. E capita di non cantare da sola e di inventare parole e melodie per una canzone a due voci. Non sempre è possibile scegliere come vivere il giorno che camminiamo. Ma quasi sempre si può scegliere il passo.

Questo posto, io lo conosco

Era una foschia fredda e lenta rappresa intorno al sole, appesa al piccolo sole bianco, e la terra abbandonata, sola, e un grande uccello gracchiava rauco dalla garzaia mentre il ragazzo andava sotto i faggi lo sguardo su frammenti bluastri di conchiglie e l’umido dei cumuli di foglie che si sfanno. ( Kenneth White, Camminata mattutina)

Attesa

Da qualche giorno ormai sono ferma qui. Con la mia valigia leggera e i miei troppi pensieri. Ogni mattino apro le imposte sul questo nulla fatto di sole e aria sottile. Sento il freddo e me lo porto addosso tutto fino a sera. Ho necessità di un abbraccio per addormentarmi, e se non lo trovo, lo prendo. Si è placato il vento che mi portava il tuo profumo. Ma quello mi si è appiccicato addosso il primo giorno che ti ho visto. Quanto tempo è passato? Un mattino aprirò le imposte e il cielo sarà cambiato. Sarà la pioggia a portarti.

Un bacio

Cado tra le parole, nelle pagine di una storia, nelle strofe di una canzone che non so cantare. Non ancora. Inciampo, cado e mi perdo. Forse è questo il mio altrove.

Come sto

A volte bene, a volte sono quasi felice. A volte arrabbiata e rancorosa, altre triste oltre misura. Piango spesso sotto la doccia. Parlo tra me e me per sfogare la rabbia che non riesco a dire. Ho notato che canto meno di un tempo. Rido voltentieri ogni volta che posso. E le occasioni per ridere le puoi trovare, quando vuoi. Mi sento sola da sempre. E non mi ci abituerò mai. Ho sogni da sempre. E me li tengo cari. Cerco di vivere il presente con ottimismo, di contagiarlo un po' ai miei bimbi. Provo ad accoglierti e a dire Si' a noi ogni giorno. Provo ad amarmi o, almeno, a volermi un po' più bene. Vorrei imparare a stimarmi. Penso di non essere ansiosa e a volte mi sembra un po' una colpa. Ho troppi sensi di colpa. Cammino su un filo. Ma ho le braccia ben aperte.

Gennaio

La polvere ha in una notte lasciato il posto al gelo. Tutto è fermo, immobile. Tutto è divenuto sottile. E fragile. Mi stringo nella mia sciarpa troppo leggera. Mi scaldo nei miei sogni troppo affollati. E resto qui ancora un po'. Seduta sulla mia valigia quasi vuota, sui miei pensieri sempre confusi.

Desiderata

Mi chiedo se davvero voglio ritrovarti. Se ho davvero voglia di continuare a cercarti. Di vedere ancora le tue spalle larghe, di sentire ancora i tuoi capelli fra le mie dita. Mi chiedo se riuscirò a non chiederti perché. Mi chiedo se avrò voglia di ascoltare la tua voce. O il tuo silenzio. Sono qui, in questo niente di polvere e vento. Alzati tu. Vienimi a cercare.

(Lui)

(Confido in me fin dall’inizio – Per chi non ha niente, non è che costi molto; ad ogni modo non più che all’animale, che se ne va per sempre. Pur avendo paura ho retto al mio posto – son nato mi sono messo insieme e mi sono distinto. Ho anche pagato, secondo il dovuto e a chi mi ha dato gratis, l’ho ripagato con l’amore. Se donna si è intrattenuta con me per darmi ad intendere davvero io l’ho creduta – e si contenti! Ho lucidato navi, ho impanato la gramigna, tra signori intelligenti ho fatto il finto tonto. Ho smerciato semi di girasole, pane, libri giornali, versi – quel che al momento era più facile. Non in lotte trionfali, né col cappio al collo, avrò fine in un letto, come spero a volte. Come che sia, ormai l’inventario è pronto. Ho vissuto – e di ciò sono morti altri.) -L’inventario è pronto (Attila József)-

Se non ci fosse la poesia...

Guardi te stessa. Ed anche chi ti guarda. Uno spettro sul muro del giardino. Uno è lo spettro e l’altra, sì, sei tu – sempre che entrambi esistiate davvero. Che strano esser qualcuno dietro un volto, avere un nome e sapere che è il tuo, trovarsi in questo angolo di verde. Una chiocciola osservi: avanza e sosta. Tu stai seduta, e ti domandi quieta fino a quando. Ti muovi? No, rimani. Ignoto è il tessitore dell’ordito. Scivola via un minuto dopo l’altro. ( Wendy Cope)

Polvere

Vorrei fermare questo treno lento. E scendere qui. Nel nulla. Guardarmi intorno e non vedere altro che la polvere a impedire di tenere aperti gli occhi. Sedermi sulla mia borsa leggera, sui miei pensieri pesanti e restare così. Restare nella luce che diventa buio e ancora luce. Senza peso, strade da seguire, gesti. Restare lì. Nel nulla che diventa mondo. Senza aspettare nulla. Senza sete. Senza fame. Senza parole. Fino a diventare polvere.

Un sogno. E che sia buono

Nel dondolio lento cerco il sonno e un sogno che sia buono. Lascio il peso alle palpebre perché possano chiudersi. Lascio il respiro a seguire il cuore perché possa trovarti. Non dormo sola. Da quando sei partito, ti dormo dentro. Il mio respiro respira col tuo. La curva del mio corpo nel tuo. Intrecciati in un altrove che sarà presto braccia e gambe e mani. Intrecciati in un bacio che presto troverà labbra. O è proprio questo non aversi a consentire di non perderci?
Perché non hai lasciato briciole del tuo passaggio e mi fai camminare tanto? Perché ti sento nel vento che mi spinge a non fermare il passo? Perché questi miei piedi non si stancano? Perché non so tornare indietro? La signora che mi siede accanto prova a sbirciare il mio taccuino. Ha compreso che parlo con te ed è curiosa dei miei capelli scomposti, delle mie pagine fitte e scritte a matita. Fossi grafite io, sarebbe facile, per me, cancellarmi. Tu, invece, sei graffio che resta.

(Lui)

(Lei non lo sa. Che sono seduto nel vento perché il suo profumo possa arrivare fino a me. Che sono seduto nel vento perché i miei pensieri possano volare fino a lei. Lei non lo sa, ma mi sente sulla pelle. E i suoi passi si fanno meno incerti. La vedo. Si ferma. Posa la borsa. Raccoglie i capelli che non vogliono saperne di stare fermi. Si ferma e respira. E respira me. Mi sente: le entro dentro. Come aria fredda e cielo terso. E io, seduto nel vento, sento il suo respiro. Chiudo gli occhi. Sorrido. Ti aspetto, vieni presto.)