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Visualizzazione dei post da ottobre, 2011

Oggi, domani

Cerco riposo. Cerco un abbraccio che non so dare. Da quando sei partito indosso la tua giacca verde, quella che hai scordato. Cerco una finestra per potermi affacciare su un orizzonte nuovo. Cerco una mano che non so stringere. Da quando mi sono trovata non sono mai stata tanto sola. Cerco un calore che non sia il mio. Cerco un desiderio che mi appartenga. Da quando mi chiamo per nome, il mio nome è diventato il tuo. Cerco uno specchio che mi rifletta così da conoscermi. Cerco una voce che mi dia parole. Le mie labbra dicono il silenzio. I miei pensieri urlano. Da quando sei partito ho tasche cucite e mani fredde. Ho regalato la tua giacca perché viva. Ho socchiuso la mia porta. Ho scritto il mio nome sul vetro appannato: il mio, non il tuo. Ho cantato piano e pensato forte, domani.

Anche se piove

"Basta così poco alla mia precaria anima (...) così poco per tornare, per essere: raggio che s'acqueta d'un cielo ove cadere! (Zanzotto)

Un istante prima della notte

C'è un momento in cui il silenzio arriva. Un momento in cui la luce si attenua. C'è un istante in cui il calore sale lento fino alle dita. E' mio, quel momento. E' adesso. Neppure tu potresti davvero condividere quest'istante con me. Neppure tu che tengo come un fazzoletto piegato sul cuore. Tu che stai respirando un'aria lontana dalla mia e che respirando mi mandi il tuo profumo a ricorndarmi di te. Posso stare sola, in quest'istante che fa entrare la notte, perché sola non sono. C'è il mio respiro e il battere del mio cuore. Ci sono le mie dita sui tasti. I miei pensieri sonnolenti. Ci saranno una coperta calda e parole che mi si addormenteranno addosso. Entrerò nel sogno prima che nel sonno. Poi sarai tu.

Grigio

Oggi è il cielo a coprirmi di grigio freddo. E' la pioggia a bagnare i pensieri che non ho. Amo questo cielo piatto. Amo il cielo sempre. Amo la pioggia. Quella di oggi, silenziosa, ovunque. Amo la pioggia sempre. Oggi sarà acqua. Fuori, intorno. Dentro.

Ho il silenzio dentro

Ho il silenzio dentro. Ho il rumore intorno. Allora taccio. E ascolto. E a volte non ascolto, ma volo lontano. Domani. Domani ti racconterò come riempio la tua assenza e il mio silenzio. Se troverò la voce, se le parole mi verranno a cercare.

Lascio che sia

Tornerai di mattina. Aprirai la porta e sarà il sole nella stanza. Non avrò bisogno di vederti. Ti riconoscerò dall'odore che porterai con te. Sentirò le foglie sulle tue labbra prima ancora di baciarti. E riempirò le mie mani di te. Il fuoco si spegnarà perchè sarai tu a scaldare la stanza, il giorno. E me. E ti racconterò i pensieri dell'attesa. Le tracce che mi hanno seguito, le parole che mi hanno trovata, la musica che mi ha cercata. Perché è così che si vive. Di sentieri ignoti che si aprono senza il nostro volere. E' così per le parole che ho amato. E' così per la musica che ha scandito il mio tempo. E' così per te. Che non ho voluto, che non possiedo. Per te, che non sei tornato ancora e che non so se sei partito già. Lascio che sia. Domani sarà il freddo a svegliarmi.

Dietro al vetro

Ti ho visto prima di vederti. Tu no, non mi hai vista mentre parlavi con lei. Ho visto i suoi capelli lisci, neri; ho intuito il suo profilo. E ho visto i tuoi occhi così lontani dai miei. Se fossi stata la mosca che vi ronzava intorno avrei ascoltato musica, parole, schermi. Non sono le parole pronunciate tra voi ad allontanarti. Sono i tuoi occhi persi nel tuo sorriso leggero, senza più la fatica dei giorni soliti. Dei giorni nostri. E questo vetro appannato da un pomeriggio denso di fiati. Mi guardo le scarpe, sento freddo. Le mani in tasca. Mi volto. Vado.

Andare. Tornare.

Il giorno che sei uscito dalla mia porta, che ho chiuso la porta, non è stato il giorno che te ne sei andato. Il giorno in cui ti ho perso è stato il giorno in cui non ho detto le parole che avevo sulle labbra. Il giorno che ti ho perso è stato il giorno in cui le parole le ho inghiottite e poi risputate con rabbia mentre tu ti allontanavi, di spalle, senza voltarti, sordo al vento che ti rincorreva. E ora, che sono passati i giorni, gli anni, le parole ritornano a pesare. E ora, che il tempo sembra più veloce, le stesse parole tornano come eco lenta, pesante, a togliere aria al mio respiro corto e ai miei pensieri grigi. Il giorno che ti ho perso è ieri. E ti perdo oggi. E ti perderò domani. Per riaverti, se riaverti vorrò, dovrò vomitarle, quelle parole. Non accadrà per caso.

Sole

Piove. E i miei occhi guardano il cielo, il prato bagnato, le foglie che resistono esile sui rami. C'è una panchina, sotto la mia finestra, riparata da un'inutile tettoia. Sono in due. Seduti su una panchina in mezzo alla gente che passa in fretta, sotto gli ombrelli, come se intorno non ci fosse nient'altro che aria e sole. Come se avessero costruito una bolla trasparente a isolarli dal resto del mondo. Sono due. Sembrano uno. Li guardo con riserbo, da lontano, con tenerezza, perché non sono ragazzini in primavera. Un uomo. Una donna. Mani incrociate e visi vicinissimi in mezzo ad un cielo inaspettato. Non sentono il mio sguardo né quello dei passanti che chissà se, come me, si chiedono

Ricevo la tua lettera

Ricevo la tua lettera. La busta grigia in carta riciclata e dentro un foglio vuoto. Tutto quello che ho è il segno della penna sulla busta. Un foglio vuoto...Non so se sorriderne. Lo giro tra le mani e in fondo al nulla leggo il tuo nome. Il giorno che sei partito sono andata al parco. Sulla panchina qualcuno di giovane aveva inciso il tuo nome e, di seguito, "ti amo". Ho seguito con il dito i tagli sul legno come avessi seguito il contorno delle tue labbra o il profilo delle tue dita. Nessun indirizzo, sulla busta. Quando tornerai ti racconterò del parco, del tuo nome inciso sulla panchina. E di questa mattina silenziosa come il foglio che ho tra le mani.

Ritrovarmi

Indosso gonne che coprono le mie gambe, calze spesse. Vesto abiti in cui mi posso nascondere. Mi nascondo sotto i miei capelli troppo poco docili, nelle labbra che non coloro quasi più, tra pensieri che non possiedo. Mi amo poco, mi stimo di rado. Eppure a volte intravedo la meraviglia che sono e me ne stupisco. Perdo quello che non ho mai posseduto e possiedo ciò che non mi è concesso avere. Cammino con i piedi ben saldi a terra e il cuore sospeso, tenuto da un filo sottile in balia di ogni refolo di vento. Eppure resisto. Alla pioggia che mi incolla i pensieri, al vento che porta sabbia allo sguardo, al sole che brucia i gesti. Sono io e sono qui. Coerente contraddizione di me stessa. Devo ripetere il mio nome per non dimentircarmi. Sono io e sono altrove. Devo ripetere il tuo nome per toccare i miei confini. Ma oggi non ho confini, non ho nome da ripetere che non sia il mio. Ma ca be a.

Avanti!

Macabea bussa alla mia porta. E' ora di lasciarla entrare davvero.